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Casoria, 26 giugno 2012. Alle 8 del mattino, come di consueto, Andrea Nollino è in largo San Mauro, intento a spazzare fuori alla caffetteria di cui è titolare insieme ad altre persone. Ha aperto da poco il locale e si appresta ad un’altra giornata di lavoro, quando da uno scooter, sopraggiunto  con due persone in sella, viene fatto fuoco.

Tre proiettili, uno dei quali uccide all’istante il 42enne barista incensurato, padre di tre figli. Arrivano le Forze dell’ordine, la stampa, i curiosi. Si compie il solito rito, come da copione. Chi era, Andrea Nollino – la domanda ricorrente.

Se la chiedono gli inquirenti, i giornalisti e i curiosi che non lo conoscevano. E come da copione, si inseguono sospetti e smentite, fino a scoprire l’unica verità: Nollino era un uomo onesto e il proiettile che l’ha ucciso non era destinato a lui.

“E’ morto per sbaglio”. L’ho sentita troppe volte, questa frase e troppe volte sono stata colta da un senso di rabbia, di indignazione profondi. Come si può, morire per sbaglio? Andrea Nollino è ora un altro nome, in quell’elenco dedicato alle vittime innocenti di camorra. Altra vittima, altre manifestazioni, altre parole.

Sono devastata. Non voglio piangere altri morti; non voglio stringere altre madri, padri, fratelli, sorelle, mogli, mariti, figli di vittime innocenti delle mafie!  E così – purtroppo – sarà, se non recepiamo il messaggio che giorno dopo giorno, associazioni come Libera, come lo stesso Coordinamento dei familiari di vittime di criminalità, inviano a tutta la cittadinanza, al Paese intero! Battiamo le mafie, possiamo vincerle: quelle dentro e fuori lo Stato.

E’ un’invasione nei nostri diritti, un furto di dignità continuo, che concede a questi personaggi di spadroneggiare sui nostri territori. Basta non girarsi dall’altro lato: denunciare, essere cittadini attivi, utilizzare il voto per affidare il governo del proprio territorio a chi realmente vuole costruire il Bene comune, anziché la propria carriera per meglio far girare i propri affari. Andrea Nollino lo abbiamo ucciso noi.

Come tutte le vittime innocenti delle mafie. Lo ha ucciso la nostra indifferenza, la nostra meschinità, il nostro disimpegno. Il 26 giugno le strade di Casoria si sono riempite di persone, che fiaccola alla mano, hanno attraversato il paese, con la moglie della vittima, affranta, alla testa denl corteo.

Domani, potrebbe essere un giorno uguale a quel 26 giugno. Raccogliamo l’appello di Libera e del Coordinamento dei familiari vittime di criminalità: mandiamoli via, tutti.  Il Paese, lo Stato, siamo noi, non loro.

Eliana Iuorio

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