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NASCE IL PRIMO “non assessore” della storia della Repubblica. La rivoluzione politico-istituzionale è targata Regione Campania. Il solito laboratorio innovativo-rivoluzionario.

Non  si tratta di un Avatar ma di un politico in carne, ossa e portafoglio,  infatti, ogni mese il “non assessore” incassa un cospicuo assegno che nessuno sa quantificare. Signori e signori benvenuti nella “regione dei balocchi”.

Non parliamo di Pinocchio ma dei  Lucignoli di carriera. Il ragliare porta bene. La Regione Campania guidata dal dormiente Stefano Caldoro con un decreto ad hoc, infischiandosene della trasparenza, delle sentenze, dei tagli lineari, del dibattito sulla casta ha nominato suo consigliere per i problemi dell’agricoltura Vito Amendolara, ex leader della Coldiretti.

Si tratta, in realtà, di un ripescaggio. Amendolara è  l’assessore ombra dell’Agricoltura. Un caso più che politico è da manuale della Prima Repubblica. In realtà Vito Amendolara è nominato assessore regionale all’Agricoltura  nella giunta Caldoro il 14 luglio 2010 dopo le dimissioni di Ernesto Sica, sindaco di Pontecagnano e imposto a Santa Lucia dall’ex coordinatore regionale Pdl Nicola Cosentino per tramite da Silvio Berlusconi.

Sica  non ha neppure il tempo di fare danni che viene coinvolto nell’inchiesta sulla P4 dove lo stesso governatore è parte lesa per la circolazione di un dossier costruito a tavolino per screditarlo davanti all’opinione pubblica e fargli perdere la candidatura in favore del plurinquisito, il disonorevole Cosentino.  Amendolara  mentre brinda la nomina ad assessore  con i vini del Vesuvio e un attimo  prima di legiferare: una sentenza del Consiglio di Stato gli sbarra la strada.

La sua nomina ad assessore viola i principi della rappresentanza femminile previsti dallo stesso statuto della Regione Campania. Il presidente Caldoro deve precipitosamente fare marcia indietro. Amendolara non è più assessore e torna mesto mesto a piazza Garibaldi alla presidenza della sua Coldiretti che –  per la verità –  proprio non naviga nell’oro.

Rinunciare ad una poltrona così importante è frustrante. Ma chi rinuncia? Scherziamo? Amendolara rientra dalla finestra.  Resta inchiodato alla sua poltrona di assessore solo che cambia nome e diventa consigliere del presidente Caldoro per i problemi dell’agricoltura. Amendolara c’è ma non si vede. E’ un “non assessore”. E’ un’ombra. Uno spettro politico. Un Avatar che a fine mese si mette i soldi pubblici in tasca.

Non solo un bello stipendio ma anche portaborse e collaboratori e auto di servizio con autista. Spulciando il sito web della Regione del “non assessore”  non c’è traccia. Nulla. Niente. Il vuoto. Eppure la nomina di Amendolara fatta dal presidente Caldoro dovrebbe rientrare tra i consulenti esterni nell’elenco dei collaboratori, informazioni sensibili da rendere pubbliche. Il suo nome non c’è.

La Regione con una manovra craxiana-dorotea aggira la sentenza e Amendolara senza neppure essere eletto consigliere regionale si becca un posto in prima fila a Palazzo Santa Lucia.

Il “non assessore” è attivissimo: a giugno con gli occhi scintillanti annuncia il riconoscimento dei piatti tipici della Campania; incontra la rappresentanza estera, firma e controfirma leggi; a volte boicotta progetti chiavi in mano (vedi la vicenda del Mercato dei fiori di Ercolano) insomma un discreto cuoco che cucina pietanze riscaldate per i soliti amici.

Non sono solo cerimonie e onorificenze. Nella stanza ovattata occupata da Amendolara, il “non assessore”, passano anche una pioggia di soldi pubblici come le risorse Cipe circa 40 milioni di euro, i piani europei regionali che prevedono finanziamenti per 50 milioni di euro, senza contare i 100 milioni e passa destinati alle aree rurali interne. Una valanga di milioni per il settore agricolo  gestiti da “un non assessore”, prima nominato, poi cancellato da una sentenza e  da una legge e resuscitato senza essere stato eletto con un decreto introvabile…

Claudio Rinaldi

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