Sei milioni di tonnellate di rifiuti stoccati e interrati nei campi. Mala politica, camorra e logge dietro il disastro della nostra regione. Relazione choc sulla Campania. In seicento pagine l’atto d’accusa della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti sul “caso Campania”. Un disastro che gli scienziati dicono nel 2064 raggiungerà il picco massimo in termini di morti, malformazioni e diffusione dell’inquinamento dovuti principalmente all’interramento abusivo dei rifiuti tossici e proibiti. Occorrerebbero oltre 10 anni per smaltire tutte le ecoballe ammassate nei capannoni di Giugliano. Una follia che ha distrutto un territorio.
“L’inquinamento ha prodotto danni incalcolabili che graveranno sulle generazioni future. Il danno ambientale che si è consumato è destinato a produrre i suoi effetti in forma amplificata e progressiva nei prossimi anni, con un picco che raggiungerà la vetta massima nel 2064.” Parole forti che fanno da sfondo ad accuse pesanti, quelle che arrivano dopo anni di denunce, silenzi di collusione con la camorra e che compongono la relazione sugli illeciti connessi ai rifiuti della Campania, proposta dall’onorevole Stefano Graziano ed approvata all’unanimità dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta, presieduta da Gaetano Pecorella. Sono quasi seicento le pagine della relazione, seicento pagine in cui si ripercorrono le tappe dell’emergenza rifiuti in Campania e in cui si traccia la strada percorsa dall’inchiesta avviata nel 2009, le cui conclusioni sono rese tristemente note nel documento: “C’è in atto una catastrofe ambientale di portata storica che sta sconvolgendo la città di Napoli e cospicue parti del territorio campano e che costituisce un fenomeno di portata storica, paragonabile soltanto ai fenomeni di diffusione della peste seicentesca, dove gli untori devono identificarsi in numerosi soggetti che hanno operato nel settore.” A finire sotto i riflettori della Commissione Parlamentare è stata anche la vicenda delle ecoballe; 6 milioni di tonnellate di rifiuti posti in siti di stoccaggio che avrebbero dovuto essere semplicemente provvisori e che, invece, sono diventate delle vere e proprie discariche a cielo aperto. Nel documento è stata pubblicata anche la relazione effettuata lo scorso ottobre dalla direzione investigativa antimafia del centro operativo di Napoli, in cui si evidenziavano i rapporti criminali tra i vari capi clan delle famiglie casertane e gli imprenditori del settore rifiuti come dimostra il caso di Gaetano Cerci, appartenente al clan Bidognetti, e Licio Gelli che, per anni, di comune accordo, hanno trasferito sostanze altamente tossiche provenienti da diverse regioni italiane a Caserta. Esempio chiave nella relazione è quello di Giugliano, comune a Nord di Napoli, dove c’è la discarica Resit, gestita da Cipriano Chianese, in cui sono state smaltite, negli anni ’90, 30.700 tonnellate di rifiuti provenienti dalla bonifica dell’Acna di Cengio (Savona). Il problema rifiuti in Campania ha smesso di essere un’emergenza molto tempo fa, quando era ormai chiaro che fosse diventato una vera e propria catastrofe che ha inquinato ambiente e persone. Alla base di questo grande fallimento, c’è un sistema di smaltimento dei rifiuti insufficiente e debole, talvolta fatiscente, che spesso ha offerto soluzioni-tampone, senza mai però fornire un’adeguata gestione, reale e concreta, del problema dei rifiuti, soprattutto per favorire una politica strettamente collusa con la criminalità organizzata. Tra le province campane, l’unica in cui non si siano registrati fenomeni di illegalità nel sistema dei rifiuti, è quella di Avellino.
Filomena Indaco