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cattive compagnieDON LUIGI MEROLA e le cattive compagnie. Si è paragonato a Madre Teresa di Calcutta che in “vita pur di realizzare i suoi obiettivi di fede, carità e preghiera incontrava e parlava con chiunque anche

con personaggi molto discussi”. La sua è una premessa forse per giustificare il faccia a faccia avuto a palazzo Grazioli con Silvio Berlusconi all’inizio di gennaio.

 

L’ex premier ha discusso amabilmente con il prete anticamorra e alla fine del colloquio gli ha fatto la “proposta indecente”: “Lei deve entrare in politica, sarà il capolista nella circoscrizione Campania 1 nelle fila del Pdl. Sarà l’esempio della bella politica. Con il suo impegno e testimonianza anticamorra in Parlamento sarà il nostro Roberto Saviano. Potrà scrivere e far passare una serie di leggi che risolvono i problemi come quelli che vive la sua Fondazione  ‘A voce d’è creature’ che tanto fa per i bambini di Napoli”. Don Merola sensibile alle lusinghe, vacilla. Ha gli occhi che gli brillano e le schiocche rosse in faccia.

Trattiene il fiato e in apnea salutato con amicizia e gratitudine Silvio Berlusconi promette che ci penserà. Poi guadagna l’uscita e di corsa si catapulta nell’auto blindata. Si attacca al cellulare e parla a raffica con gli amici fidati. Deve pensarci. Deve riflettere. Deve capire se è pronto al grande salto.

Le voci si rincorrono e Largo Donnaregina va in fibrillazione. “Don Merola si candida?” chiede imbronciato l’Arcivescovo Crescenzio Sepe che già sopporta a malapena il “prete ragazzino” che vuole fare il poliziotto (definizione coniata dal predecessore di Sepe, la buonanima del cardinale Michele Giordano). A rompere gli indugi ci pensa lo stesso ex parroco di Forcella che fa filtrare: “Il Cardinale sarebbe pronto a concedermi una dispensa”.

A stretto giro  giunge la risposta seccata e piccata dell’Arcivescovo: “I sacerdoti non si possono candidare o quanto meno io non  autorizzo nessuno”. Per Don Merola non è un problema, cita e quasi si paragona all’esperienza di “Don Luigi Sturzo, un parroco che divenne deputato”.

C’è chi pensa davvero che Don Merola sia afflitto da un narcisismo e da una  autoreferenzialità a livelli patologici. Invece chi lo conosce bene, sa che il giovane prete è mosso da impulsività, voglia di fare e una eccessiva ingenuità. Alla fine Don Merola getta la spugna e spara a zero : “Berlusconi è un grande. Mi ha proposto una ribalta nazionale. Io volevo accettare perché le istituzioni si cambiano da dentro. Io avrei voluto rompere un sistema di potere.

Nel Pdl ci sono le faide
e molti impresentabili. Non c’è solo il caso Cosentino. C’è Milanese, Cesaro, Laboccetta. In particolare – però – su Cosentino ho approfondito un po’ di cose ed ho rilevato alcune incongruenze dei collaboratori di giustizia. E dico pure che ai pentiti non credo”.  Pausa. Tiriamo il fiato. La verità è leggermente diversa. Non è vero che Silvio Berlusconi ha convocato Don Merola per intercessione dello spirito Santo. Un bel giorno  di buon mattina nella piccola parrocchia vicino alla Stazione di Napoli si sono presentati  gli ambasciatori dell’ex  premier: gli onorevoli Nitto Palma e Nicola Cosentino.

La “visita” non è casuale. Don Merola – il 24 novembre – lancia un sasso esploratore nello stagno del Pdl. Partecipa al circolo Canottieri  all’incontro della “Giovane Italia Napoli”, un’associazione del Pdl dove il vice coordinatore nazionale è Armando Cesaro, il figlio di Giggino ‘a purpetta. Occasione è una iniziativa solidaristica: una raccolta di fondi per la Fondazione Onlus “ ‘A Voce d’’e Creature”.

Alla conferenza partecipano Nicola Cosentino, Luigi Cesaro e Amedeo Laboccetta (trombato alle elezioni) cioè quei personaggi (eccetto Cosentino, secondo il nuovo Vangelo di Don Merola) che – di lì a un paio di mesi – indurranno o consiglieranno il parroco di non accettare la candidatura al Parlamento nelle fila del Pdl perchè impresentabili.

Prima li incontra, si fa fotografare, ci prende il caffè insieme e dopo li definisce “nomi discutibili”. Non si capisce. Ma almeno i sacerdoti, i buoni cristiani qualche volta non dovrebbero dire la verità ? Forse Papa Ratzinger ha proprio ragione…

Arnaldo Capezzuto

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