E’ come se si fosse aperto uno squarcio nel tempo. Un accesso segreto e insperato sul recente passato del nostro paese. La cattura – dopo 31 anni di latitanza – del boss Pasquale Scotti noto come Pasqualino ‘o collier riporta indietro le lancette della storia.
Il personaggio è di grande spessore criminale, tentò di riorganizzare la Nco dopo l’arresto del padrino Raffaele Cutolo, e soprattutto al centro di intrighi internazionali come l’omicidio del banchiere Roberto Calvi o dell’uccisione del killer e poi agente dei servizi segreti Vincenzo Casillo.
C’è un dato certo: Scotti per stare alla macchia per 30 anni ha sicuramente ususfruito di protezioni di altissimo livello, “coperture” di pezzi dello Stato italiano che gli hanno garantito una sorta d’impunità. Questa è stata la convinzione che ha mosso il compianto Enzo Musella, giornalista di razza, ad indagare senza sosta per oltre due anni sulle tracce di Scotti.
Un lavoro condiviso in segreto con Gigi De Stefano, il dirigente della polizia che catturò Scotti negli anni Ottanta convincendolo a collaborare con lo Stato. Musella è stato affiancato da due colleghi Gianmaria Roberti, direttore de “il Desk” e il giovane Gaetano Pragliola.
E’ stata una caccia a un fantasma in giro per il mondo. Colloqui, interviste, appostamenti, fonti confidenziali, montagne di documenti, carte bollate, minute trafugate sono stati gli strumenti di un giornalismo investigativo che ben presto è approdato nei santuari dei segreti inconfessabili dove i confini tra Stato e antistato sono sbiaditi o quasi inesistenti. I cronisti hanno ricostruito un puzzle e come dei segugi ben presto si sono spinti sulle tracce di Pasquale Scotti.
Negli ultimi giorni di vita, Enzo Musella ripeteva come posseduto da un’ossessione: “Dobbiamo fare presto. Dobbiamo chiudere il libro. Corriamo troppi rischi. Siamo troppo esposti. Se non pubblichiamo il manoscritto, finisce che ci rimettiamo la pelle”.
Quando tutti lo credevano morto, solo loro gli autori del testo edito da Castelvecchi, avevano capito che Scotti era vivo e vegeto, così come alcuni pentiti avevano cominciato a rivelare solo di recente.
Il giornalista Enzo Musella aveva ragione su tutta la linea, ma non è riuscito a vedere la cattura di “Pasquale ‘o collier”: una malattia se l’è portato via a gennaio: tuttavia la sua tesi era quella giusta, compresa anche la latitanza del sicario della Nco di Cutolo si trovasse in Brasile.
Nel titolo del libro “Pasquale Scotti. Il fantasma di un camorrista. Trent’anni di latitanza all’ombra dello Stato” edito da Castelvecchi c’è tutto l’intuito e l’impostazione dell’inchiesta firmata da Enzo Musella, De Stefano, Roberti e Pragliola.
Un testo che non è un romanzo criminale, gli avvenimenti raccontati sono veri, circostanziati e documentati. Un’inchiesta giornalistica come non se ne vedono più. Un libro che rimette al centro la professione del cronista dandole slancio e dignità.
In quelle pagine scritte con foga nel cuore della notte attaccato a una tastiera del Pc dopo aver buttato giù il solito calmante o le solite iniezioni di morfina c’è anche il testamento ideale di Enzo Musella. un giornalista di razza, generoso, maniacale, appassionato, onesto.
Arnaldo Capezzuto