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E’ interessante per alcuni aspetti l’ultimo blitz messo segno contro la camorra casalese e che ha fatto stringere le manette ai polsi delle due figlie e la nuora di Francesco Bidognetti, conosciuto con il nomignolo di Ciocciotto ‘e mezzanotte. Vorrei sottoporre e condividere per chi legge una riflessione che parte dal peso apicale che stanno acquistando le donne nei clan. Un peso accresciuto nel tempo a seguito degli arresti e delle condanne dei boss storici.

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Da quando cioè, quell’apparato criminale è stato sensibilmente smantellato e disarticolato da magistratura e forze dell’ordine generando dei vuoti che, come mostra anche l’impennata di violenza che opprime, da oltre due anni, Napoli e non solo, oggi sono le tessere di un puzzle molto più complesso e indecifrabile rispetto al passato.

Le donne assumono inizialmente ruoli di supplenza e poi a mano a mano di comando dettati essenzialmente da concrete necessità e bisogni. Necessità di mantenere un potere costruito da padri, mariti, figli e fratelli che una volta detenuti all’ergastolo o peggio morti ammazzati, sposta su di loro la barra di comando. Nelle loro mani finisce il potere rendendole protagoniste di un ruolo che nell’immaginario collettivo ma anche dalla storiografia era ad appannaggio prevalentemente degli uomini.

C’è o c’era una sottovalutazione pregiudiziale degli effetti che il potere criminale a guida femminile fosse capace di produrre. Effetti che oggi sono drammaticamente evidenti nella grave amplificazione della pericolosità dell’azione camorristica e parlo in modo specifico dei casalesi, organizzazione criminale più strutturata e coesa somigliante per molti versi alle cosche mafiose. Se prima la camorra garantiva il welfare criminale, l’assistenza agli affiliati, ai loro parenti, le commesse alle aziende e ditte legate al clan, ora non è più così.

La crisi si è avvitata ed è dovuta principalmente a puntuali inchieste giudiziarie che mirano a colpire i patrimoni e svelare i ‘trucchi’ del nascondimento del business del riciclaggio. Anche i camorristi sono in mutande, anche loro sono stritolati dal prosciugamento dei soldi facili che prima era l’elemento d’abbaglio per il reclutamento nelle maglie del “sistema” dei potenziali affiliati.

Ora non è più così. C’è disperazione anche tra gli stessi componenti del cosiddetto “sistema” che allo spettro della privazione di quel benessere economico garantito e costruito su anni di illeciti guadagni, grazie ai traffici milionari, reagiscono con un sentimento di paura e di estrema violenza per cercare di assicurarsi una sorta di illusoria sopravvivenza. Insomma violenza che si somma ad violenza come dimostra l’ultima inchiesta contro i casalesi.

  Vincenzo Viglione

Consigliere regionale della Campania
(segretario Commissione regionale Anticamorra)

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