“Prima o poi dovevo finire al manicomio” . Pipa tra i denti, sorriso sornione, esordisce così Riccardo Orioles, alla presentazione del numero 25 de” I Siciliani Giovani” , all’ex OPG Je so’ pazzo di Napoli.
Un giornale, “I Siciliani Giovani” che, dopo tre anni di lavoro incessante e costante, vede la luce nell’edizione cartacea. E’ un discorso lungo oltre trent’anni, quello dei I siciliani, co-fondato da Orioles con Pippo Fava, giornalista assassinato dalla mafia. Un filo rosso che si dipana attraverso un percorso accidentato, in cui la società è cambiata solo in superficie: nella sua essenza è uguale a se stessa, esattamente come trent’anni fa, col potere concentrato nelle mani di pochi.
La sede del giornale è nella zona di San Cristoforo a Catania, un quartiere centralissimo ma con la “periferia di spirito”, distante com’è, anni luce, dall’idea di “normalità”.
Una normalità negata, dove dispersione scolastica e povertà spadroneggiano, in cui il simbolo delle famiglie potrebbe essere “il frigo vuoto”.
Usa sapientemente le parole, Ivana Sciacca, collaboratrice attiva dei Siciliani, raccontando la storia di una delle tante famiglie catanesi, senza lavoro e con piccole bocche da sfamare.
Lavora a stretto contatto coi bambini nell’ambito dell’associazione Gapa, se li porta dentro: le loro storie, le privazioni, l’esistenza monca come quella di tanti senza nome e senza volto che popolano le tante periferie delle città italiane, che si somigliano tutte e tutte tacciono.
Quelle periferie abilmente raccontate ne “I siciliani giovani”, quelle a cui nessuno dà voce, un “viaggio in un’Italia che nessuno vuole raccontare”.
Non è un giornale asservito al potere, i Siciliani. E’ libero, indipendente e autofinanziato.
Una voce fuori dal coro di quell’informazione asservita e condizionante , che vuole arrivare a tutti e parlare in “italiano”, perché bisogna parlare per e alla gente. Il giornalista deve essere un “artigiano”, puntualizza Orioles, strascicando la pronuncia , lo sguardo lontano, “ una sedia può essere fatta in tanti stili, ma prima di tutto deve avere i quattro piedi su cui poggiare”.
E’ questo l’imprinting: tre anni per mettere su una redazione che il direttore definisce “fragilissima” . “Siamo come il servizio militare : dopo tre anni via” . Sono studenti universitari con la voglia di fare qualcosa per cambiare le cose , partendo da casa propria. “ Ma poi bisogna cominciare daccapo”. E’ un po’ il leitmotiv delle varie redazioni sparse in Italia, da Bologna a Napoli. Questo numero 25 è fatto in rete, in partnership con Napoli monitor e collaboratori esterni che devono imparare a” piallare “.
Si potrebbe ascoltare la narrazione di Orioles per ore: tocca temi in maniera trasversale dando un filo logico alla narrazione , ripercorrendo gli ultimi trent’anni con semplicità, dipanando una matassa che semplice non è. Dall’uso dei termini “anglofoni” – magazine , mass media gli vanno stretti-, a Marchionne che esporta le aziende all’estero per non pagare le tasse; al sanguinoso primato vantato dalla città di Catania con ben otto giornalisti ammazzati , alla battaglia contro la mafia, fatta simbolicamente con un’agenda rossa che gli ricorda “un libro di Mao”.
Dopo Napoli, la presentazione de “I Siciliani Giovani” approderà a Roma , alla federazione della stampa, in cui si parlerà di giornalismo precario.
Nonostante gli alti e bassi, dovuti alla scarsità di fondi e alla logica rigorosa e sacrosanta di un’indipendenza e un’integrità ideologica che va oltre le logiche asservite al potere, che vuole i media cassa di risonanza dei poteri forti, “I Siciliani Giovani” sono un patrimonio da preservare e difendere, perché fin quando esisterà la libertà di informazione, saranno sempre una voce fuori dal coro, pronta a narrare i fatti, senza orpelli e senza fronzoli. Da giornalisti artigiani.
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Mo.Ca.