È stato Antonio Logli ad uccidere sua moglie Roberta Ragusa. La Cassazione ha messo la parola fine a questa vicenda processuale, confermando per Logli la condanna a 20 anni.
L’uomo era accusato dell’omicidio e della distruzione del cadavere della moglie, scomparsa nel 2012 dalla sua casa di San Giuliano Terme, era stato condannato sia in primo grado che in appello
È la notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012. Roberta Ragusa sparisce, in pigiama, dalla sua casa di Gello, frazione del comune di San Giuliano Terme, in provincia di Pisa. Le indagini si concentrano fin dalle prime ore sul marito, Antonio Logli.
Lui sostiene che la moglie si sia allontanata volontariamente. A sette anni da quella scomparsa e dopo diversi gradi di giudizio, in serata la Cassazione ha reso la condanna definitiva.
La Suprema Corte ha considerato inammissibile il ricorso della difesa dell’imputato e ha reso definitivo il verdetto emesso il 14 maggio 2018 dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze.
Logli ha atteso la sentenza insieme alla compagna Sara Calzolaio e alla figlia Alessia in un affittacamere non distante dall’ospedale di Cisanello di Pisa. Pochi minuti fa le forze dell’ordine hanno notificato l’ordine di arresto e prelevato l’uomo per accompagnarlo al carcere di Livorno.
È stato lo stesso giudice a decidere per un penitenziario diverso da quello di Pisa per evitare di esporre Antonio Logli all’attenzione dei media.
In lacrime i parenti di Roberta Ragusa, che per tutta la giornata hanno atteso il verdetto della Cassazione: “Finalmente si smetterà di dire che mia cugina era in giro a divertirsi. Mia cugina è morta, lo ha detto anche la Cassazione. Giustizia è fatta”, ha detto commossa Maria Ragusa.
Chi l’ha visto, la trasmissione in onda su Rai tre e condotta da Federica Sciarelli stasera ha incentrato l’intera puntata proprio sul caso Ragusa. In studio i congiunti della donna uccisa e diversi servizi.
Proprio Chi l’ha visto si è occupato fin dall’inizio della vicenda. Antonio Logli addirittura si rivolse alle telecamere di Raitre per lanciare un appello disperato rivolto alla moglie. Dopo 7 anni i giudici hanno sancito la sua colpevolezza.