Fortuna e Antonio, vittime innocenti al ‘Parco Verde’ Finisce in carcere Marianna Fabozzi. Secondo i giudici anche lei coinvolta negli omicidi e nelle violenze.

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Marianna Fabozzi, 35enne del “Parco Verde” di Caivano, non è più agli arresti domiciliari ma è finita in prigione nel carcere femminile di Pozzuoli.

La donna è stata condannata in via definitiva a 10 anni di carcere per complicità in violenza sessuale sulle sue due figlie.Sapeva ciò che accadeva, conosceva la verità, era informata e fingeva di nulla.

Marianna Fabozzi si è resa complice ed ha acconsentito che le sue figlie venissero oltraggiate, violentate e abusate. Lei era a conoscenza della verità e sapeva ciò che accadeva nell’inferno del Parco Verde.

Era la compagna di Raimondo Caputo, detto Titò, condannato all’ergastolo per le violenze e l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, la bambina di 6 anni morta, il 24 giugno 2014, dopo un volo dal tetto di un edificio dello Iacp del parco verde a Caivano.

Sembrava una tragedia, un incidente, una coincidenza di fatti maledetti, invece, le indagini hanno raccontato una storiaccia di abusi sessuali, pedofilia, violenze, illegalità, ricatti e omertà.

Marianna Fabozzi

Un anno prima di Fortuna Loffredo, un altro bambino misteriosamente morì volando giù da un palazzo. Quel bambino si chiamava Antonio Giglio, aveva 4 anni ed era il figlio di Marianna Fabozzi, la donna condannata a 10 anni di carcere per le violenze sulle sue figlie e per la morte della piccola Fortuna.

Gennaro Giglio, padre di Antonio ed ex compagno di Marianna Fabozzi, ha sempre ritenuto plausibile la colpevolezza della donna, e del concorso di colpa di Caputo.

Anche la sorella di Caputo accuserebbe la donna: avrebbe infatti riferito di averla vista, riflessa in uno specchio, mentre buttava il piccolo giù dalla finestra.

Accuse pesantissime riscontrate da rigorose indagini che hanno indotto i giudici ad accusare la Fabozzi di omicidio volontario per la morte del figlio di 4 anni Antonio.

La donna dovrà affrontare ad ottobre l’udienza preliminare, il piccolo cadde nel vuoto dalla finestra dell’abitazione al settimo piano.

I giudici hanno ritenuto “inverosimile” che un bambino di quattro anni potesse arrampicarsi sulla tapparella della finestra, senza avere una base di appoggio; raggiungere la parte più alta della finestra, specie per un corpicino di appena 98 centimetri e da solo riuscire a passare attraverso uno spazio di appena 25 centimetri e cadere nel vuoto.

P.P.M.

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