Di recente ha scritto Mattia Feltri, commentando un’intervista di Luigi Di Maio con la quale, per escludere accordi col Pd, egli ha detto che non farà “alleanze con il partito di Bibbiano”.
“La storia di Bibbiano, di bambini strappati dalle braccia dei genitori da medici e servizi sociali, probabilmente col sopruso e per profitto, è così devastante, così insopportabile che ciascuno se ne accosta con spavento e ritegno, nel terrore di provocare nuovi guasti con una sola sillaba fuori posto. Di Maio no. Siccome il sindaco di Bibbiano, del Pd, è indagato per reati marginali alla vicenda, Di Maio ci si butta con la noncuranza dell’assenza di pensiero, senza dolore né cognizione del dolore, per una ottusa e sciagurata speculazione politica” (La cognizione del dolore; La Stampa, 19/7/2019).
Sono d’accordo con Feltri. Quella di Di Maio è un’ottusa e sciagurata speculazione politica.
Ma è un’ottusa e sciagurata speculazione tutta l’azione politica di Di Maio, da quando è diventato il capo supremo dei Cinque Stelle.
Perché immaginare un contratto con la Lega, un partito storicamente discriminatorio e reazionario, non può essere stato altro che una speculazione che non ha niente a che fare con una politica che rispettasse i principi fondativi dei Cinque Stelle.
Di Maio ha preferito un accordo innaturale a una limpida rivendicazione del proprio ruolo e ad un eventuale nuovo ricorso alle urne che desse ai Cinque Stelle la forza necessaria per governare da soli.
Un eventuale accordo politico tra Pd e Cinque Stelle, di cui tanto si parla, dovrà passare necessariamente dalla defenestrazione di Luigi Di Maio.
Franco Pelella