È stato sufficiente che Matteo Salvini alzasse la voce, sbattesse il pugno sul tavolo e minacciasse la crisi di governo e il voto anticipato per far rinsavire gli alleati del Movimento 5 Stelle.
Il ministro dell’Interno ha dettato l’agenda e preteso il rispetto dei punti concordati nel famoso contratto. È chiaro che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che rischiava seriamente il posto ha dovuto volente o dolente cedere.
Prima il si alla Tav, poi la difesa del suo ministro al Senato sulla spinosa vicenda del Russiagate.
Luigi Di Maio, evidentemente, ha concordato i passi da fare con Conte, lasciando al Parlamento la decisione sulla Tav in pratica il leader tenta di salvaguardare il Movimento e dire al ‘suo’ popolo : “Noi siamo contrari ma il Parlamento è sovrano”.

È il prezzo che ha imposto Salvini per non interrompere la legislatura prematuramente. Ora la partita è tutta da giocare sull’autonomia differenziata e sul rimpasto dell’esecutivo.
Ci sono in cima della lista i ministri Danilo Toninelli e Elisabetta Trenta e qualche sottosegretario a seguito.
Il capo del Carroccio come racconta nei suoi quotidiani bagni di folla vuole il bene dell’Italia.
I sondaggi gli danno ragione: la Lega sfiora il 39 per cento dei consensi.
Ormai il partito di Salvini più di altri riesce a interpretare i bisogni della gente, farsene carico e affrontare i problemi traducendoli in concrete proposte di legge.

Ormai il capo del Viminale incarna il vero leader carismatico, amato dalla gente, popolare e percepito come una persona sicuramente scaltra, di talento e al punto giusto furba.
Al Movimento 5 Stelle e al premier Conte è stata inflitta un’altra sconfitta nell’immaginario sono sentiti come improvvisati, umorali e con la testa nel modo ideale.
La linea è dettata da Salvini che più di tutti ha dimostrato pragmatismo del reale.
Pier Paolo Milanese
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