Il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe tanto per cambiare, in occasione della festa dell’Immacolata in piazza del Gesù, parla ai napoletani e tira fuori dal zucchetto papalino il solito colpo di scena : “Camorristi e malavitosi, deponete le armi, disarmiamo Napoli”.
L’appello pronunciato con enfasi attoriale, accompagnato da gesti e mimica davanti alle massime autorità cittadine come il sindaco Luigi de Magistris, il prefetto Carmela Pagano e i rappresentanti delle forze dell’ordine suscita applausi e partecipazione del pubblico.
Il porporato con tono solenne ricorda : “Dobbiamo ripetere a gran voce ciò che dissi dodici anni fa quando un ragazzo uccise con una coltellata un suo coetaneo. Arrendetevi alla pace, al bene, alla bellezza, all’amore. Gettate le armi, anche in una chiesa, se volete, restando nell’anonimato”.
I più distratti possono solo approvare e complimentarsi quelli invece più attenti possono solo constatare che l’appello di Sepe non è altro che il solito marketing di fine anno della Curia di Napoli e tra l’altro farina non del proprio sacco.
L’iniziativa in realtà, come spesso accade dalle parti di Largo Donnaregina – è frutto di uno scippo: l’idea di lanciare un appello laico e inclusivo al buonsenso dei napoletani e in particolar modo di quelli ‘impegnati’ nell’industria della malavita è nato a settembre scorso all’indomani della pistolettata esplosa nel portone d’ingresso della sede della Fondazione Famiglia di Maria a San Giovanni a Teduccio.
A diffondere la notizia dell’attentato fu il giornalista Sandro Ruotolo che presiede il Comitato anticamorra e corruzione, istituito dal primo cittadino.
Ruotolo in un post scrisse: “Ricevere a prima mattina una telefonata – scrisse Ruotolo – sentire nella voce di chi ti chiama la paura, la rabbia. ‘Hanno sparato contro il portone’ della fondazione famiglia di Maria, periferia est di Napoli, dove si combatte con la cultura per la legalità. Anna Riccardi, non ti lasciamo sola. La camorra è una montagna di merda”.
Ne nacque una mobilitazione forte, un abbraccio solidale attorno alla fondazione e un messaggio di intransigenza a non mollare. Lo stesso cronista, che vive da diversi anni sotto scorta per le pesantissime minacce di morte ricevute dalla camorra, ebbe l’idea di lanciare l’inziativa : “Una pistola in meno, una vita in più. Disarmiamo Napoli”.
Idea accompagnata da un appello e una raccolta firme online rivolto la presidente dl Consiglio Giuseppe Conte che in pochi giorni totalizza quasi 100mila sottoscrizioni.
L’idea viene adottata dallo stesso Comitato presieduto da Ruotolo e trasformata in un progetto da condividere con vari soggetti, tra cui la Curia, istituzioni, agenzie culturali e associazioni in uno spirito di riconessione della città.
Insomma, dalle forze dell’ordine, agli enti culturali, alle istituzioni fino al arcivescovo per tentare un disarmo partecipato della città.
L’8 dicembre si avvicina, il palcoscenico è quasi pronto e che ti fa il Cardinale in proroga Crescenzio Sepe? Invece di farsi portavoce di una multitudine ampia e larga, scippa l’idea e se ne appropria con destrezza.
Prende il suo zucchetto e lo poggia su di una inziativa nata dal basso e che doveva rappresentare Napoli nella sua moltitudine e nelle sue complicate e complesse articolazioni.
È chiaro che per qualche passaggio sui giornali e qualche ripresa e intervista Tv si fa questo e basta. Se gli anni di Sepe a Napoli hanno prodotto ben poco, ci sarà pure un motivo. Ad agire è la solita e nota compagnia di giro.
Restano le macerie, l’occasione persa – una delle tante – e la convinzione che la Napoli operosa, impegnata, laica e cattolica non si sente rappresentata dall’attuale arcivescovo.
Arnaldo Capezzuto