La rendicontazione e la restituzione sono stati sempre i cardini su cui poggia il Movimento 5 Stelle. I parlamentari ma anche i consiglieri regionali e comunali restituiscono parte della indennità. I soldi accumulati nel fondo vengono impiegati per finanziare progetti per la collettività come le scuole, laboratori, acquisto di strumenti medicali e apparecchiature per ambulatori e ospedali e persino avviare star up.
C’è una piattaforma dove ogni parlamentare, consigliere regionale deve aggiornare il proprio profilo mese per mese pubblicando spese sostenute per l’attività di portavoce e specificare la somma decurtata e destinata al fondo. Se inizialmente le ‘spese’ era documentare al millimetro depositando anche ricevute e scontrini ora – per ragioni di semplificazione – c’è una sorta di forfettario che comprende delle macro voci.
L’uscita sicura per tutti parlamentari e consiglieri regionali è di 300 euro che vanno direttamente nelle casse dell’associazione Rousseau e quindi a Davide Casaleggio sotto la voce di scudo informatico.
Per il resto ci sono cifre oscillanti e agganciate a una serie di variabili come rimborso carburanti, pedaggi, fitti, collaboratori, noleggio, pasti e spese per organizzazione di momenti pubblici.
Il clima dalle parti del Movimento 5 Stelle è di resa dei conti. E non mancano i veleni.
C’è qualche gola profonda che svela particolari e getta non pochi dubbi sulla bontà della rendicontazione grillina. Veronica Giannone, espulsa nei mesi scorsi, accusa “tra le spese di mandato, i 300 euro mensili da destinare a Rousseau, ci sono soldi che dovrebbero pagare di tasca loro e non far pagare ai cittadini con i rimborsi”.
E c’è anche chi, continua Giannone, «rendiconta le spese degli abiti, delle scarpe, come fossero spese di rappresentanza, facendo uno screenshot della spesa dall’applicazione bancaria, cancellando tutti i dati tranne data e importo”. E così il caso restituzioni rischia di far da detonatore a una situazione sempre più esplosiva.