Il Coronavirus è esploso nella sua tragicità mediatica. Appelli, doveri del mestiere e carta deontologica del giornalista non fermano l’onda lunga di drammatizzazione dell’informazione o disinformazione. È panico mediatico.

Medici, esperti, ricercatori gettano acqua sul fuoco, spiegano e rassicurano ma il contesto allarmistico di programmi tv, talkshow, salotti televisivi, tg ha preso il sopravvento e le notizie ormai incontrollate finiscono nella case e sui cellulari degli italiani.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: supermercati presi d’assalto, bendine e disinfettanti esauriti e laddovè sono disponibile sono vendute praticamente all’asta.
Strano Paese l’Italia. Una psicosi sociale che a mano a mano sta modificando abitudini e costumi. Sta di fatto che non si tratta di una pestilenza.
È un’influenza nuova che il nostro sistema immunitario non ha memoria. Non esistono vaccini e neppure medicinali in grado di combatterla. Occorre stare attenti, osservare le regole minime come tenere le mani pulite e stare a circa un metro e mezzo di distanza dal nostro interlocutore.

Evitare luoghi chiusi e affollati e ad alta promiscuità. Se si entra in contatto con qualcuno che proviene dai luoghi colpiti dal virsu allora meglio praticare l’autoquarantena e contattare i numeri messi a disposizione dal servizio sanitario nazionale.
Il Coronavirus ha un’alta forza di contagio ma non è mortale. È una influenza normale che però può portare delle complicazioni. Questo dev’essere chiaro. Occorre restare lucidi, razionali e umani.
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