Ora è una pena definitiva. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni di reclusione per l’esponente del clan dei Casalesi Francesco Cirillo, che era accusato di aver fatto parte del commando di killer che uccise il 16 maggio del 2008 a Castel Volturno (Caserta), l’imprenditore Domenico Noviello.
“Finalmente giustizia è fatta, dopo 12 anni dalla morte di mio padre si è chiuso il capitolo giudiziario”, commenta Mimma Noviello, figlia dell’imprenditore, che insieme ai fratelli Matilde, Rosaria e Massimiliano, ha sempre assistito a tutte le udienze dei processi nei vari gradi, guardando sempre in faccia gli assassini del padre.
“Non è stato facile trovarsi di fronte Cirillo ad ogni udienza, alla fine abbiamo avuto ragione” dice Mimma (difesa nel processo da Nicola Russo). Un omicidio feroce quello di Noviello, massacrato con decine di colpi di pistola e avvenuto durante la stagione del terrore, il 2008 appunto, scatenata dai Casalesi e dal sanguinario boss Giuseppe Setola, che costò al Casertano 18 morti in pochi mesi.
A cadere sotto i colpi di pistole e kalashnikov furono tanti innocenti, secondo una strategia punitiva e di riaffermazione del dominio del clan sul territorio. Furono uccisi parenti di collaboratori di giustizia, i sei ghanesi vittime della nota strage di Castel Volturno, e imprenditori coraggiosi che avevano denunciato il pizzo come Antonio Celiento e Domenico Noviello; questi nel 2000, insieme al figlio Massimiliano (sotto scorta), aveva fatto arrestare quattro esponenti del clan dei Casalesi, tra cui proprio Francesco Cirillo, che fu anche l’unico ad essere condannato al termine del processo.
Dopo alcuni anni il clan si è vendicato, uccidendo Noviello. Alla lettura della sentenza della Cassazione, Cirillo era ancora libero, ma presto dovrebbe finire in carcere per scontare i 30 anni. Per il delitto Noviello, sono stati già condannati da tempo a pesanti pene detentive, diventate definitive, mandanti ed esecutori materiali, come Giuseppe Setola e i suoi sicari, in totale nove persone.
Per Cirillo l’iter giudiziario è stato più travagliato, con ben cinque processi, tra cui due pronunce della Cassazione. In primo grado Cirillo era stato condannato all’ergastolo come gli altri partecipanti al delitto, poi era stato l’unico ad essere assolto in appello, nonostante avesse rappresentato il “pretesto” per uccidere Noviello.
Lo stesso Setola, durante il processo, aveva affermato di aver ordinato “l’omicidio di Noviello perché aveva mandato in carcere Francesco Cirillo”.
Dopo l’assoluzione in Appello, la Corte di Cassazione aveva però annullato la sentenza, rinviando ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli perché valutasse meglio le prove a suo carico; i magistrati di secondo grado hanno così rideterminato la pena e la Cassazione ha apposto il “sigillo finale” al processo.