Gli artigli delle mafie sui carburanti: ‘Ndrangheta e camorra. Sequestrati beni per oltre un miliardo di euro, 71 persone fermate. Tra loro alta borghesia, boss manager, commercialisti, faccendieri, esponenti di lobby industriali

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Anna Bettozzi, in arte Ana Bettz, ricca ereditiera, il marito Sergio Di Cesare, gli ha lasciato in eredità società petrolifere. Lei ‘artista’ ha cercato di risollevare la compagnia. E per farlo però sarebbe entrata in contatto con il clan dei Casalesi, la famiglia Moccia o i Formicola. E così facendo in soli 36 mesi il giro d’affari della Maxipetroli è cresciuto esponenzialmente, rendendo il fatturato 45 volte superiore.

La signora, che in passato ha affidato la cura della sua immagine a Lele Mora, trascorrendo la vita tra feste, ospitate a “Domenica in” e “Quelli che il calcio” tra i paparazzi che la immortalavano c’erano anche i finanzierinche l’hanno fermata insieme alla figlia, Virginia Di Cesare.

È una trama fittissima quella che ha fatto muovere quattro procure della Repubblica, antimafia, finanza e polizia che ha portato complessivamente a 71 arresti n tutta Italia, al sequestro di oltre un miliardo di euro e di immobili, auto, conti correnti, cassette di sicurezza e tanti soldi in contanti.

L’operazione è la ‘Petrol-Mafie-Spa’ del Ros e dello Scico, coordinata dalle Procure di Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli e Roma, la DDA partenopea ha chiesto e ottenuto complessivamente 6 arresti in carcere, 4 arresti ai domiciliari e sequestri per circa 4,5 milioni di euro. I provvedimenti cautelari soni stati eseguiti da ben 220 finanzieri.

I reati ipotizzati nei confronti dei 10 indagati sono, a vario titolo, associazione a delinquere di tipo mafioso aggravata, trasferimento fraudolento di valori, illecita concorrenza con minaccia o violenza, estorsione, riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio e detenzione e porto illegale di armi.

Colui che è ritenuto dagli inquirenti il reggente del clan Moccia, Antonio Moccia, 56 anni, è stato arrestato dai finanzieri a Roma.

Il sodalizio criminale denominato ‘clan Moccia’ costituisce una tra le piu’ potenti e pericolose organizzazioni camorristiche del panorama nazionale ed è notorio per l’abilità nello stringere patti con esponenti di rilievo dei settori pubblico e privato per agevolare profittevoli investimenti di capitali illeciti nell’economia, legale e illegale. Tra le indagini condotte dalla DDA di Napoli negli ultimi 15 anni sui Moccia, quella odierna mette in luce le più attuali evidenze degli interessi dei Moccia nell’economia legale, in particolare nel ‘settore strategico dei petroli’.

Queste risorse finanziarie, una volta raccolte, venivano concentrate nel Napoli e fatte pervenire ai riciclatori romani che le giravano ai clienti finali, un gruppo societario che faceva capo al faccendiere Alberto Coppola, 53 anni, già inserito nel campo dei carburanti e parente del bossAntonio Moccia.

Per gli inquirenti, tra Antonio Moccia, Alberto Coppola e Anna Bettozzi c’era un accordo societario. Coppola per questa sua centralità ha subi’to due attentati e per questo ha chiesto aiuto ad Antonio Moccia. Ne è seguita una pax mafiosa con la cessione di una quota di un impianto di carburanti al clan Mazzarella.

Tra Napoli e provincia invece sono stato arrestati e messi in carcere, dalla Guardia di Finanza, Gabriele Coppeta, 56 anni, Alberto Coppola, 53 anni (cugino di primo grado della moglie di Antonio Moccia), Salvatore D’Amico, 47 anni, alias “o’ pirata”, Domenico Liberti, 52 anni, Francesco Mazzarella, 49 anni, Giuseppe Vivese, 37 anni.

Arresti domiciliari invece per i commercialisti Claudio Abbondandolo, 48 anni, Maria Luisa Di Blasio, 70 anni. Ai domicialiri anche Silvia Coppola, 26 anni e Aldo Fiandra, 60 anni. Ereditata la chiacchierata azienda petrolifera del marito, la donna ha cercato di risollevare la compagnia.

E così oggi sono state sequestrate circa 100 società, beni di lusso e conti correnti in Ungheria, Bulgaria, Grecia, Malta, Inghilterra e Croazia. Solo su richiesta della procura di Roma sono stati messi i sigilli a tutti gli impianti della Maxipetroli, un sequestro da 180 milioni di euro che va a sommarsi ad atri 180 milioni già nelle mani della finanza. E poi borsoni pieni di soldi, camion, macchine, ville e appartamenti.

“Ancora una volta è stata dimostrata l’insufficienza del concetto di infiltrazione criminale per spiegare la presenza delle associazioni mafiose nel mercato, attraverso una costellazione di aziende che offrono una capacità di garantire servizi illegali come quello messo in atto con società cartiere intestate a prestanome che offrono false fatturazioni, che consentono straordinari profitti”, spiega il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo.

“Come dicono le intercettazioni ‘il pertrolio sta fruttando più della droga’”, sottolinea il capo dei magistrati di Catanzaro, Nicola Gratteri. Lo sa bene Antonio Moccia, personaggio di spicco del più antico e potente sodalizio camorristico operante nella bassa Liguria, che si è mosso in prima persona per mettere le mani sull’affare.

“Dove ci sono i soldi le mafie intervengono. Dalla Turchia a Malta vengono proiettati gli interessi degli indagati”, chiarisce Giovanni Bombardieri, capo della procura di Reggio Calabria.

L’astuzia dell’organizzazione è dimostrata dal trucco escogitato per trasportare il gasolio per autotrazione spacciandolo come gasolio agricolo, quindi sottoposto ad accise differenti. I camion, rivelano le indagini, erano dotati di leve e pulsanti che facevano esplodere un colorante in grado di cambiare il colore del gasolio per camuffarlo.

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