Si allunga la lista delle contestazioni formulate dalla Ps e dalla DDA di Napoli ad Andrea Cesarano, 29 anni, figlio di Giovanni Cesarano, detto “Giannin o’ biond”, quest’ultimo ritenuto a capo dell’omonimo gruppo camorristico componente del clan Licciardi: il figlio del boss, già in carcere, è accusato, tra l’altro, di avere costretto un artigiano a versare 5mila euro per continuare a rimanere nella casa popolare che Comune di Napoli gli aveva assegnato.
I poliziotti della Squadra Mobile hanno notificato la nuova accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ad Andrea Cesarano e anche a Salvatore Sibilio e a Domenico Quindici, 35 e 25 anni, tutti e tre già in carcere in quanto già condannati, in primo grado, nel 2020, sempre per estorsione.
Secondo gli investigatori della Polizia di Stato tra novembre 2019 e aprile 2020 i tre si sono resi protagonisti di una serie di estorsioni che hanno visto nella veste di vittime commercianti ed artigiani del quartiere Secondigliano (il gruppo Cesarano gestisce gli affari illeciti nel Rione Kennedy).
Oltre ai 5mila euro “una tantum”, il legittimo assegnatario della casa popolare doveva anche consegnare somme variabili di denaro per Natale, Pasqua e Ferragosto per continuare a guadagnarsi da vivere facendo l’artigiano.