Molecole ‘stonate’, che non riescono a essere in armonia con tutte le altre presenti nel cervello, sono legati alla schizofrenia, la malattia psichiatrica severa che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale e le cui cause sono ancora sconosciute.
La scoperta, pubblicata sulla rivista Schizophrenia, del gruppo Nature, è frutto della ricerca coordinata dal Ceinge -Biotecnologie avanzate di Napoli ed è stato possibile grazie alla collaborazione di neurobiologi, psichiatri e biostatistici, con l’aiuto di un algoritmo di intelligenza artificiale. Il risultato apre alla possibilità di individuare nuovi bersagli per future terapie.
“Gli esperimenti di neurobiologia molecolare e biochimica svolti nel nostro laboratorio al Ceinge sono stati successivamente elaborati mediante l’utilizzo di tecniche avanzate analitiche sul machine learning, una branca dell’intelligenza artificiale”, ha detto Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze Traslazionali del Ceinge e docente di Biochimica e Biologia molecolare clinica dell’Università ‘Luigi Vanvitelli’.
Alla ricerca hanno collaborato Andrea de Bartolomeis, responsabile del Laboratorio di Psichiatria molecolare e traslazionale dell’Università Federico II di Napoli, Andrea Fontana, co-responsabile dell’Unità di Biostatistica della Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza e, per l’Università di Bari il coordinatore del Laboratorio di Psichiatria e Genetica Molecolare Antonio Rampino, e il docente di Psichiatria Alessandro Bertolino. Analizzando tessuti cerebrali post-mortem di individuo sani e di individuo con schizofrenia, i ricercatori hanno scoperto alterazioni biochimiche nella rete di connessioni fra i neuroni (sinapsi) della corteccia cerebrale, che utilizzano come principale trasmettere il glutammato.
In questo modo, nel tessuto cerebrale delle persone con la schizofrenia, sono state individuate “variazioni non di singole molecole, ma di gruppi di molecole, che potrebbero agire come ‘complessi disfunzionali’ di una struttura biologica fondamentale del cervello, nota come sinapsi glutamatergica”, ha detto ancora Usiello.
È come se il cervello fosse “un’orchestra in cui gli strumenti presi singolarmente bene, ma non sono tra i farmaci”, rileva il biochimico Francesco Errico, dell’Università Federico II e ricercatore del Laboratorio di Neuroscienze Trasla Ceinge. I osserva Rampino, quindi loro futuri farmaci come “”buoni direttiri d’orchestra, più che più come come silenziatori o amplificatori di singoli strumenti”.