Omicidio di Carmine d’Onofrio, 23 anni, figlio di secondo letto di Giuseppe De Luca Bossa, fratello di Antonio, boss ergastolano. D’Onofrio fu ucciso il 6 ottobre scorso, all’altezza del civico 51 di via Luigi Crisconio nel quartiere di Ponticelli, in presenza della compagna, una ragazza di 20 anni in attesa di un figlio.Oggi sono scattati sei fermi da parte della polizia di Napoli , le indagini sono state coordinate dalla Dda.
Tra le persone sottoposte a fermo c’è il boss Marco De Micco, considerato elemento di spicco dell’omonimo clan e regista della nuova faida tra vecchi e nuovi ras dell’area orientale.
Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, sarebbe stato lui a decidere quell’omicidio ritenendo che D’Onofrio avesse preso parte a un attentato ai suoi danni, avvenuto alcuni giorni prima dell’omicidio.
Una bomba fu lanciata nell’ingresso della sua abitazione, l’esplosione oltre a distruggere i cancelli, danneggiò alcune auto parcheggiate davanti all’edificio.Al cospetto del boss fu portato Giovanni Mignano, ritenuto legato a De Luca Bossa e fu costretto a parlare e raccontare i fatti.
E proprio l’affiliato avrebbe pronunciato il nome di battesimo dell’autore dell’atto intimidatorio coincidente con quello del figlio del boss. Oltre che al capoclan De Micco sono finiti in carcere anche Giovanni Palumbo, Ciro Ricci, FerdinandoViscovo, Salvatore Alfuso e Giuseppe Russo.
Non sono stati individuati però gli esecutori materiali. Marco De Micco, Maddalena Cadavero, Giovanni Palumbo e Ciro Ricci devono anche rispondere del sequestro di Giovanni Mignano, rapito affinch’ rivelasse alla cosca il nome dell’uomo che il 28 settembre scorso aveva piazzato un ordigno davanti casa del boss De Micco, in via Piscettaro.