Una esecuzione di camorra. I killer, si tratta di due sicari, hanno fatto irruzione in un ristorante che si trova in via Lavinaio a Melito, comune alle porte di Napoli, ed hanno fatto fuoco. A sparare pistole di diverso calibro
Nel mirino è finito Vincenzo Nappi, 57 anni, soprannominato “o’ pittore”, ritenuto legato al clan Amato Pagano, detto degli scissionisti.
All’interno del ristorante, al momento dell’agguato, c’erano poche persone. Nessuno, neanche i proprietari e camerieri, hanno saputo sinora fornire elementi utili al fine di identificare gli assassini o anche solo il modello dell’auto usata per la fuga.
Quel che è certo la vittima era un esponente di spicco del clan Amato-Pagano del comune di Melito e che non andava di frequente in quel locale a mangiare.
Secondo una prima ricostruzione, delineata dai carabinieri di Castello di Cisterna e dalla Direzione Distrettuale Antimafia (sostituto procuratore Lucio Giugliano), ad entrare in azione potrebbe stati due killer armati di pistola che esploserebbero una decina di colpi.
Una terza persona avrebbe atteso i complici all’esterno della corte del palazzo dove la trattoria “Gaetano e Teresa”, di via Lavinaio, si affaccia. Per fortuna nella sala non c’erano molti clienti: i presenti hanno cercato riparo sotto i tavoli quando hanno sentito gli spari. Secondo quanto si è appreso nessuno, titolari compresi, è stato in grado di fornire informazioni utili ai militari.
Chi l’ha ucciso ha avuto la soffiata giusta, che in gergo viene detta ‘filata’ ed è andato a colpo sicuro. Essendo Nappi un personaggio di spessore nella malavita locale, gli inquirenti ritengono che possa essere stato ucciso per una sorta di ‘epurazione’ alla cosca a cui apparteneva. Non ci sarebbero elementi per far pensare allo stesso scoppio di una faida.
Ritenuto dagli inquirenti legato al clan degli Amato-Pagano, per il quale ricopriva il ruolo di capozona a Melito, Nappi è una vecchia conoscenza. I carabinieri lo arrestarono nel 2011 a Mugnano, sempre in provincia di Napoli . Qualche mese prima era sfuggito a un blitz che assicurò alla giustizia otto suoi complici, tutti legati allo stesso clan, contestava, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di stupefacenti ed estorsioni.
Occorre ora capire se si è trattato di un regolamento di conti interno per qualche sgarro oppure una ritorsione di un gruppo emergente.