“Non c’è prezzo per ripagare la vita di Giulio: dopo 23 anni, l’unica cosa in cui la famiglia crede è la Giustizia, alla quale si sono affidati”. Lo sottolinea l’avvocato Alessandro Motta, legale della famiglia di Giulio Giaccio, il 26enne ucciso barbaramente e con atrocità 23 anni fa.
Un delitto avvolto da un fitto mistero e poi grazie anche ai collaboratori di giustizia si è scoperta tutta la tragica verità. Alla vigilia della prima udienza del processo che si celebrerà, domani, davanti al gup di Napoli Valentina Giovanniello, il legale a nome della famiglia rifiuta la proposta dei due imputati, Carlo Nappi e Salvatore Cammarota che a titolo risarcitorio hanno offerto un risarcimento ai familiari: 150.000 euro tra soldi (tre assegni), un immobile e un garage. Loro però hanno rifiutato: “Vogliamo solo giustizia”.
Accadde a Napoli Giulio Giaccio fu sequestrato da falsi poliziotti, ucciso e sciolto nell’acido nel luglio del 2000, a 26 anni: era stato scambiato per un’altra persona che il clan Polverino, attivo nei Comuni di Quarto e Marano e nel quartiere napoletano di Pianura, voleva punire per la sua relazione con la sorella di un affiliato. I denti, che l’acido non era riuscito a sciogliere, furono frantumati a martellate.
Solo grazie alle indagini e al contributo di alcuni collaboratori di giustizia si è giunti dopo 23 anni a ricostruire la verità.