Afferrò il megafono nel bel mezzo di un sit in di protesta contro la camorra Antonio Piccirillo, figlio di Rosario, boss dell’omonimo clan della Torretta e gridò rivolto alla platea: “Mi dissocio da mio padre, la camorra fa schifo”. Era maggio del 2019 a Piazza Nazionale a Napoli nel corso di un conflitto a fuoco furono ferite Noemi, 4 anni e sua nonna.
La piccola si è salvata solo e grazie ai medici dell’ospedale Santobono. Dopo quella manifestazione Antonio Piccirillo è riuscito ad accreditarsi come testimone di una Napoli che si ribella ai clan e lo fa anche chi la criminalità l’ha vissuta nella propria famiglia. Scuole, istituzioni culturali, associazioni tutti hanno raccolto quel grido e Antonio è divenuto un protagonista nel raccontare la propria storia e dimostrare che non è sempre vero che le colpe dei padri ricadono sui figli. A tal punto che nel maggio 2021 Alessandra Clemente, candidata a sindaco di Napoli inserisce il nome di Antonio Piccirillo in una sua lista elettorale per la municipalità.
Tramontata la carriera di politico, non è stato eletto, Antonio Piccirillo con i suoi social fa sentire la sua voce: partecipa, interviene, posta video, immagini e scritti che lo riguardano. Si mantiene gestendo un B&B. All’improvviso però il suo nome e del papà compare in una inchiesta giudiziaria. Il giovane rispetto al rincorrersi delle voci con alcuni post cerca di spiegare, prendere le distanze senza però dettagliare la vicenda. La svolta nel tardo pomeriggio quando è stato raggiunto con il papà, già detenuto, da un ordine di custodia cautelare.
L’accusa è di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti di imprenditori che gestivano gli attracchi per le imbarcazioni da diporto presso i moli di Mergellina. Sono stati gli agenti della Squadra Mobile di Napoli a stringere le manette ai polsi. Il provvedimento è stato emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda (pm Mariangela Magariello e Celeste Carrano).
E tra le vittime figurano anche la “tiktoker” Rita De Crescenzo e suo marito destinatari di una richiesta estorsiva di qualche migliaio di euro: il compagno della De Crescenzo, gestiva alcuni ormeggi. Antonio Piccirillo si sarebbe presentato – secondo gli inquirenti – alle vittime come emissario del padre e le avrebbe anche minacciate pretendendo la gestione in esclusiva di alcune “boe” per l’ormeggio e, in alcuni casi, anche l’assunzione di personale compiacente diretta emanazione di Piccirillo.