L’analisi. Coronavirus verso la sua fine: il ritorno delle voci inutili

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Come si vede che sta terminando la paura! Sì forse era anche la paura quella che ci faceva cantare fuori ai balconi. Pur premettendo che la stragrande maggioranza degli Italiani è mossa da un senso di patriottismo sincero, non possiamo non notare che sta scemando la curva dei contagi del virus ma anche quella del senso di appartenenza ad un’unica collettività.

È anche giusto che si smetta di cantare soltanto, dobbiamo ripartire, dobbiamo tornare a vivere ma non dobbiamo cadere nel rischio che tutto, proprio tutto, torni come prima. Il lavoro di solidarietà che è stato fatto nelle scorse settimane è gigantesco, genuino, bellissimo. A rischiare di vanificare quell’humus di emozioni e benevolenza, ci pensano oggi i vili.

Nello specifico tutti coloro che rannicchiati nell’angoscia erano assopiti negli scorsi giorni, ben nascosti nelle tane della loro vigliaccheria è che adesso che sta terminando il senso di panico, tornano prepotenti a rivendicare il sangue con cui alimentare animi da vampiri che nel buio cercano consenso e che alla luce fuggono dal sole della partecipazione positiva.

Le piazze, i bar di quartiere, le sale per conferenze, i salotti intellettuali, tutti questi spazi si sono tramutati, durante l’esperienza del coronavirus, in social media, e tutti abbiamo potuto leggere, tutti abbiamo potuto ascoltare, tutti abbiamo potuto dire la nostra. Per fortuna.

Fatto sta che se in una prima fase quelle letture mostravano la speranza di imparare da una lezione violenta come quella della pandemia, in una seconda fase sembra manifestarsi un possibile rischio sotto forma di volti vecchi e rugosi: qualunquismo, approssimazione, razzismo, buonismo, ecc. Bisogna tenere duro però, perché la lezione resta e i tanti che ne hanno interiorizzato il senso avranno il duro compito di portare il peso delle informazioni ricevute e tramutarle in azioni concrete nel prossimo futuro. Da questa esperienza cosa abbiamo imparato?

Abbiamo imparato, ad esempio, che tutti quelli che “per beneficenza” hanno pubblicato la ricevuta del loro bonifico effettuato, con tanto di prezzo per sostenere la lotta al coronavirus, sono persone squallide e tristi. Abbiamo imparato che nemmeno in questo caso in cui c’era tempo da vendere, una moltitudine di soggetti si è preso la briga di leggere gli articoli prima di pubblicare il proprio commento soltanto dopo un’occhiata fugace al titolo di un pezzo. Abbiamo compreso che c’è poco da fare, è più forte di loro, pur di dire qualcosa, i cretini seriali hanno diffuso informazioni false, fomentato rabbie e terrori, avvalorato complottismi ridicoli.

Abbiamo imparato che l’informazione sana c’è e che la politica contaminata determina danni incredibili contrastabili soltanto con le scelte ponderate in vista delle “x” con cui marcheremo a matita i voti delle scelte democratiche. Di recente poi, addirittura tornano in voga le espressioni infelici di una minoranza povera mentalmente vittima di una disfunzione erettile della propria intelligenza che in assenza della capacità di portare a termine un rapporto riproduttivo con la cultura, hanno vomitato sui meridionali bassezze ridicole.

Abbiamo imparato che la sanità pubblica serve, e che non va toccata, che va preservata, protetta dal sostegno statale, azzerando con forza le contaminazioni camorissitiche. Subito dopo che in tanti lo hanno chiarito però, passata la nube tossica, si torna a ragionare se far tornare nelle loro casette i detenuti del 41 bis, quelli che soffrono la mancanza dei poster nelle loro camerette di casa, poster con sopra raffigurati i volti lividi e sporchi di sangue delle vittime della mafia. Ci sono stati poi gli infami, quelli smidollati che hanno continuato a picchiare le donne nel chiuso delle proprie case e su di essi non cali l’attenzione, affinché la prossima esperienza di chiusura sia arredata da quattro pareti di celle.

Abbiamo visto imprenditori in ginocchio che dovranno alzarsi da terra grazie alla mano tesa di uno Stato che dovrà dimostrarsi presente, senza dare fiato però alla disonestà di chi userà questa tragedia come scusa per lucrare e non pagare dipendenti o risparmiare sulla loro tutela.

Abbiamo intuito che il rancore del passato e la progettualità del futuro non valgono niente rispetto alla sopravvivenza della salute del presente e che in tanti non hanno potuto ricevere nemmeno un fiore sulle loro casse mentre lasciavano a noi le opportunità da non sprecare.

Abbiamo imparato che il Paese si è dato da fare, in una rete di solidarietà stupenda, è che oggi rischia di essere offuscata dalle cattiverie. Non lo permetteremo a gran voce. Sulla base di tutto questo e altro ancora abbiamo imparato che le minoranze del male quando alzano la voce fanno chiasso e sembrano in tanti rispetto a una maggioranza silenziosa.

Abbiamo, speriamo, definitivamente capito che la maggioranza delle persone equilibrate e propositive non può né deve più lasciar perdere, deve intervenire, dando un senso alla speranza e alla determinazione, poiché quando si apriranno le porte per tutti, le prime scelte dovranno essere quelle di coloro che hanno imparato la lezione.

Amedeo Zeni

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