Sgombero Casapound. Minacce al sindaco Raggi: “Il tuo nome resterà scritto nel libro nero dei camerati che hanno una buona memoria”

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Minacce e promesse di vendetta contro il sindaco di Roma, Virginia Raggi ritenuta la vera artefice del sequestro e dello sfratto del palazzo occupato abusivamente dalla sede di Casapound.

Il primo cittadino la scorsa settimana aveva scritto al governo invocando legalità sull’immobile. Oggi la Raggi parla di “momento storico, una vittoria per la città”.

Parole che hanno provocato reazioni via social con vere e proprie minacce indirizzate al sindaco.

“Vuoi mettere in strada 20 famiglie italiane – si afferma in un post comparso per alcune ore su un account Facebook poi cancellato – ti ricordo che fra un anno l’attenzione mediatica e la scorta spariranno e tu tornerai ad essere una nullità ma il tuo nome resterà scritto nel libro nero dei camerati che hanno una buona memoria”.

Immediata la solidarietà alla Raggi da parte degli M5s. Dal canto suo il Pd ringrazia per il lavoro svolto “dai magistrati e dalla Questura” affermando che in questo modo si “ristabilisce la legalità”.

Soddisfazione è stata espressa anche dall’Anpi che si dice “contenta alla luce del fatto che il provvedimento era stato richiesto dalla Procura sulla base della nostra denuncia”. Sull’immobile dell’Esquilino si era mossa anche la magistratura contabile.

Nei mesi scorso la Corte dei Conti ha proceduto alla citazione a giudizio per otto dirigenti statali per la mancata riscossione, per 15 anni, del canone del palazzo occupato.

Un danno erariale pari a 4,5 milioni di euro per quello che i magistrati contabili considerano un esproprio favorito dal fatto che i dirigenti non hanno messo in campo ne’ misure per riscuotere il canone, ne’ per ritornare in possesso dell’immobile.

A rispondere per omessa disponibilita’ del bene e mancata riscossione dei canoni sono dirigenti e funzionari dell’Agenzia del Demanio e del Miur, proprietario dell’immobile.

Per la Corte dei Conti la struttura “è un bene di proprietà dello Stato, appartenente al patrimonio indisponibile” e quindi “non è tollerabile in uno Stato di diritto una sorta di ‘espropriazione al contrario’, che ha finito per sottrarre per oltre tre lustri una sede storica di uffici pubblici, al patrimonio (indisponibile) dello Stato, causando in tal modo un danno certo e cospicuo all’erario”. Per gli imputati il processo riprenderà a novembre dopo un rinvio per l’emergenza coronavirus.

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