Il Bifidus potenzia l’efficacia antitumorale di un virus usato contro il melanoma. La scoperta nei laboratori del CEINGE di Napoli, in collaborazione con il CNR e le Università di Helsinki e di Cardiff

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Si chiama perturbazione positiva ed è quella che i ricercatori hanno “scatenato” nell’intestino di modelli murini per dimostrare che un batterio, il Bifidobacterium, aumenta l’efficacia di un virus utilizzato per rallentare la crescita tumorale del melanoma.

Si tratta dei risultati raggiunti nei laboratori del CEINGE, centro di biotecnologie avanzate di Napoli, dal gruppo di ricerca guidato da Lucio Pastore, professore ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica presso il Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, ed esperto di terapia genica e cellulare per malattie genetiche ereditarie ed acquisite.

Lo studio, che porta la firma di una giovane ricercatrice, Lorella Tripodi, si è avvalso delle competenze altamente specializzate e delle sofisticate strumentazioni presenti al CEINGE ed è stato svolto in collaborazione con centri di eccellenza in ambito scientifico quali l’ICAR (Istituto di Calcolo e Reti ad Alte Prestazioni) del CNR e l’Università di Helsinki e di Cardiff.

“I virus oncolitici funzionano come un cavallo di Troia nell’organismo – spiega il professor Pastore – perché infettano le cellule tumorali, provocando una massiva risposta immunitaria dell’ospite contro di esse. Studi precedenti avevano rivelato che i disordini della flora batterica intestinale (microbiota) possono influire sull’efficacia delle immunoterapie convenzionali, utilizzate nella cura del melanoma metastatico”.

“Dal momento che i virus oncolitici sono una categoria di immunoterapici attivi, siamo andati a vedere se la loro azione antitumorale fosse influenzata negativamente o positivamente dal microbiota».
I ricercatori napoletani hanno iniziato con una perturbazione ‘negativa’: hanno somministrato un antibiotico, la vancomicina, ai modelli murini di melanoma”.

“Abbiamo osservato – continua Lucio Pastore – che riducendo la flora batterica intestinale con l’antibiotico diminuiva drasticamente l’attività antitumorale dell’adenovirus oncolitico”.

“Una volta ripristinato l’equilibrio della flora batterica e recuperata l’azione antitumorale dell’adenovirus nei modelli trattati con l’antibiotico, abbiamo iniziato la seconda fase dello studio -chiarisce la dottoressa Tripodi – scatenando il meccanismo contrario al precedente: una perturbazione intestinale ‘positiva’”.

“Abbiamo, infatti, somministrato per via orale ai modelli murini di melanoma un cocktail di diverse specie di Bifidobacterium, già disponibile in commercio, e già usato per potenziare l’attività antitumorale di un anticorpo monoclonale (l’anti PD-L1), in combinazione con la terapia adenovirale a livello intratumorale. Abbiamo ottenuto questi risultati anche grazie al supporto del professor Vincenzo Cerullo che mi ha accolto nel suo laboratorio presso l’Università di Helsinki. Il risultato ha confermato la nostra idea iniziale: si è avuto un significativo rallentamento della crescita tumorale con una maggiore risposta all’azione dell’adenovirus”.

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