Blitz dei Ros dei carabinieri nel cuore della notte. In manette è finito Vincenzo Di Lauro, figlio e reggente del clan di Secondigliano e la coppia Tony Colombo, il neomelodico e la moglie Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, ucciso in agguato di camorra sul lungomare di Terracina.
Con loro sono finite complessivamente in carcere 27 persone tutte accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d’asta, e l’aggravante della transnazionalità legata al contrabbando di sigarette.
L’indagine è stata condotta dalla Dda (sostituti procuratori Giugliano e De Marco) ed è imperniata sulle attività imprenditoriali e finanziarie del clan di Secondigliano. Secondo quanto emerso dalle indagini, il clan Di Lauro investiva in società di abbigliamento e creava brand come quello denominato ‘Corleone’. Anche la bevanda energetica ‘9 mm’ (il cu nome richiama al calibro delle pistole), come il marchio d’abbigliamento ammiccante al mondo della criminalità organizzata, sarebbe riconducibile al clan fondato da Paolo Di Lauro, detto ‘Ciruzzo ‘o milionario’.
Un clan che ormai ha differenziato le proprie attività, si è reso soggetto economico autonomo e costruisce prodotti propri da immettere sul mercato e collegato ad attività commerciali. Secondo gli inquirenti agiva una holding economica e finanziaria con investimenti in attività ritenute meno rischiose attraverso società intestate a prestanome con le quali il clan gestiva, altre attività commerciali come una nota palestra, una sala scommesse e alcuni supermercati.
Negli interessi della cosca c’era anche il contrabbando di sigarette dall’est, in particolare dalla Bulgaria e dall’Ucraina con l’importazione circa una tonnellata e mezza di sigarette che hanno rifornito come grossisti i mercati illegali.
Addirittura con l’investimento di mezzo milione di euro, inoltre, secondo gli investigatori, è fondata una fabbrica di sigarette per confezionare pacchetti di sigarette con tabacco estero da vendere in Italia e all’estero. Le indagini dei carabinieri del Ros, del comando provinciale di Napoli e della Dda, si sono concentrate in particolare nell’arco di tempo che va tra il 2017 e il 2021: emerse attività illecite come lo spaccio di droga, estorsioni, minacce ai familiari di un pentito e anche agli imprenditori che partecipavano alle aste giudiziarie per costringerli a desistere. Inoltre, anche grazie al supporto dei clan Licciardi e Vanella Grassi, venivano revocate le richieste estorsive agli imprenditori riconducibili alla famiglia Di Lauro.