VIDEO. Diego Maradona, il mito. Il regista Kapadia: “Ho toccato il suo piede sinistro, lui mi ha preso a calci”

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“Mi sono seduto a terra di fronte a lui per registrare l’intervista mentre era intento a guardare la partita del Boca Juniors. Allora il mio sguardo in modo ossessivo si è posato sulle sue cosce. Mi sono detto queste sono le cosce di Diego Armando Maradona. Davanti avevo il suo piede sinistro. Mi è venuto spontaneo: devo assolutamente toccare il piede sinistro, sfiorarlo. Allora con grande imbarazzo ho toccato il piede ed ho detto : ‘Questa è la caviglia dell’infortunio?’. Ecco se incontrate Diego Armando Maradona non toccate il suo piede sinistro. Mi ha dato un calcio e sono finito contro un tavolino a terra”.

Parla Asif Kapadia, alla presentazione del suo nuovo film ‘Diego Maradona’ al cinema Modernissimo di Napoli.

Il già premio Oscar 2016 per il documentario ‘Amy’ e autore di ‘Senna’ svela un clamoroso fuori programma nella lavorazione del nuovo film biografico che uscirà nelle sale italiane solo il 23, 24 e 25 settembre 2019.

Per il suo docu-film Kapadia ha utilizzato interviste esclusive e immagini inedite tratte dall’archivio personale del calciatore argentino.

Come viene ricordato più di una volta nel film, esiste Diego ed esiste Maradona, l’alter ego che si è costruito per gestire la pressione avuta in regalo nel momento in cui si è svelato in lui un talento sconfinato per il gioco più popolare del pianeta Terra.

Il regista Asif Kapadia

All’età di appena 15 anni Diego Maradona si è caricato la responsabilità e il destino della sua numerosa famiglia e gli ha regalato una casa portandoli via dalla barracopoli di Villa Fiorito. Ma quei natali poverissimi, in uno dei quartieri più degradati di Buenos Aires nonostante il successo, i soldi, la fama, la notorietà gli sono rimasti appiccicati addosso.

I fatti sono documentati con un distacco, non si esprime un giudizio morale si mettono in fila le vicende e così si indaga il mito, si accende un riflettore sul lato oscuro, su quello spazio di compensazione che non ammette il rispetto delle regole, la morale, la parola data.

E sulla vicenda umana di Maradona a Napoli c’è la storia maledetta della camorra e del clan Giuliano del rione Forcella, il condizionamento interessato che i boss Luigi e Carmine Giuliano esercitavano sul grande campione argentino per il proprio tornaconto e rafforzare il consenso sociale del clan.

Una cappa, una corda tesa, l’orlo di uno ripido precipizio dove Diego alla fine cadrà.

I partenopei erano già pronti a sbranare Asif Kapadia – tra l’altro tifoso sfegatato del Liverpool – invece, dopo aver visto il film, si esce dal cinema con un senso di smarrimento, commozione e la consapevolezza di trovarsi di fronte un mito assoluto con le sue grandezze, debolezze e un qualcosa che trascende dal gioco del calcio.

Una pellicola che parla della durezza della vita, dello sfruttamento, della società cinica e del potere che è sempre uguale al di là della latitudine e longitudine.

Il film mostra senza filtri la solitutine di Diego Armando Maradona che per vendicarsi ha fatto male solo e unicamente a stesso.

Non è un caso se il regista Kapadia e con il supporto fondamentale di Fiammetta Luino ha scelto Napoli per il lancio del film, insomma, dove è iniziato tutto.

“Maradona non è facile né da conoscere né da incontrare. Esiste Diego ed esiste Maradona. Io stesso, mentre facevo un film – riflette il regista Kapadia – su quel Diego che venne a Napoli nel 1984, nel presente ho incontrato l’attuale versione di Maradona. La questione era chiedersi se la persona che stavo incontrando era davvero il testimone più attendibile della sua stessa storia?”.

Arnaldo Capezzuto

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