È stata la denuncia di Report ha mettere in moto le istituzioni che dopo due anni hanno portato lo scorso 31 maggio a un primo atto importante: al sequestro dell’ex canonica della chiesa di San Biagio ai Taffettanari. L’edificio di 4 iani era stato occupato abusivamente dalle famiglie Macor e Cortese. Era il 21 novembre 2022 quando Report documenta e denuncia come la chiesa di San Biagio ai Taffettanari, un gioiello del ‘500 nel centro storico di Napoli era chiusa e abbandonata, mentre la sua canonica, un palazzo di quattro piani, era occupato illegalmente dalla famiglia Macor e Cortese, inquilini ben noti alle cronache per i loro reati.
L’immobile ora finito sotto sequestro è di proprietà dell’Opera Pia, commissariata dalla Prefettura. Sul registro degli indagati sono finiti sette nomi a cui i magistrati del gruppo Tutela Beni Culturali della procura di Napoli (gli aggiunti Vincenzo Piscitelli e Pierpaolo Filippelli) e i carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Napoli contestano di avere progressivamente invaso e occupato, senza avere alcun titolo, gli immobili della Canonica, addirittura aumentandone la superficie abitativa illecitamente. Quando i militari dell’Arma sono entrati in casa hanno trovato, oltre agli adulti, anche cinque minorenni.
I carabinieri nel corso del sopralluogo hanno trovato anche un cantiere aperto in un’ala della palazzina, le due famiglie senza titolo che occupavano la canonica stavano eseguendo dei lavori dove avrebbero ricavato altri quattro appartamenti. Le due famiglie legate ad ambiei di camorra nel tempo hanno mandato via i bisognosi che vivevano in quelle case delle Opere Pie. Ogni nucleo della stessa famiglia ha occupato un piano, mano a mano che la famiglia è cresciuta e sono arrivati nuovi matrimoni e nuovi figli.
Nella struttura ci sono soppalchi abusivi in cemento, controsoffitti, faretti e arredi sgargianti e dorati. I reati contestati dagli inquirenti sono invasione di terreni ed edifici, realizzazione di opere edilizie abusive e deturpamento e destinazione ad usi incompatibili di beni culturali. Il sequestro emesso dal gip del tribunale di Napoli rientra nell’ambito di un ampio piano di ricognizione del patrimonio storico-artistico e architettonico dell’ufficio inquirente partenopeo, guidato dal procuratore Nicola Gratteri, che vede la collaborazione della soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio del Comune, della Curia e dell’Università Federico II di Napoli (Dipartimento di Architettura).