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E’ STATA UNA PRIMA udienza carica di tensione. Lacrime, pianti e sguardi affilati come lame. In Corte d’assise presso il Tribunale di Napoli si è aperto il dibattimento sull’omicidio di Pasquale Romano, detto Lino, l’operaio trentenne di Cardito ucciso per errore lo scorso 15 ottobre al corso Marianella.

Lino alle 21 e 30 dopo aver salutato la sua fidanzata uscì dal portone e raggiunse la sua auto per incontrare i suoi amici e andare a giocare una partitella di pallone.

Dal buio spuntò il killer che armato di pistola gli scaricò addosso un intero caricatore. La giovane vittima innocente non riuscì neppure a mettere in moto la sua auto. I giudici della Corte d’assise nel corso dell’udienza hanno accolto la richiesta di costituzione a parte civile del Comune di Napoli, della Regione e della Fondazione Polis, e dei parenti di Lino Romano.

Dalle costituzione delle parti è stata esclusa invece la richiesta della fidanzata Rosanna. L’udienza è stata carica di tensione: per la prima volta si sono trovati di fronte i genitori della vittima ed i due presunti mandanti dell’omicidio. L’agguato – secondo le indagini – fu organizzato e messo in atto nell’ambito dei contrasti fra il clan camorristico degli “Abete-Abbinante-Notturno”, al quale secondo gli investigatori apparteneva Salvatore Baldassarre, 30 anni, oggi alla sbarra e il gruppo della cosiddetta “Vanella Grassi”, per il controllo sulle piazze di spaccio nella zona Nord di Napoli.

Baldassarre è stato l’esecutore materiale dell’omicidio, avvenuto in via Marianella – quello che sparò 14 colpi contro il povero e innocente Lino Romano, prima di rendersi conto di aver sbagliato bersaglio.

“Io quando poi inizio a sparare non mi fermo più”. Così confidò il killer a un altro affiliato al gruppo degli scissionisti Carmine Annunziata, il clamoroso errore di persona costato la vita al giovane innocente. Per lo stesso delitto sono stati arrestati anche Giovanni Vitale, detto Gianluca, ritenuto il mandante dell’agguato e Giovanni Marino, 22 anni.

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Il vero obiettivo

DOMENICO GARGIULO, detto “sic penniello”, doveva morire. Lui quasi non curante della guerra – l’ennesima – tra gli scissionisti degli Abete-Abbinante-Aprea-Notturno e dei girati della Vannella Grassi (Mennetta-Magnetti-Guarino-Leonardi), pensa di non essere un obiettivo sensibile. Mentre Sic penniello si trova al bar California, scatta l’agguato.

E’ a tu per tu con il sicario, ma la pistola si inceppa. E’ salvo. Pochi giorni dopo, è uno sciagurato sms ad attirare i killer sull’obiettivo sbagliato. Una storia ricostruita dai pm della Dda Sergio Amato e Enrica Parascandolo.

Sotto processo sono finiti Salvatore Baldassarre e di Giuseppe Montanera, ma anche Giovanni Marino, Anna Altamura, Carmine e Gaetano Annunziata. La sera del 15 ottobre, il giovane pregiudicato era atteso per una cena in famiglia.

L’accordo era che a cena finita Anna Altamura, zia della fidanzata di Gargiulo doveva inviare un sms e indicare ai killer quando quest’ultimo andasse via. il killer Marino vedendo uscire Romano pensò che fosse l’obiettivo senza esitare sparò.

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Leggi gli altri articoli del N. 12 di Luglio 2013

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