L’orlo di un baratro. Ci sono le prime avvisaglie. Diradati i fumi dei botti di Capodanno, finito lo champagne e le feste torna la foto tragica di un Meridione d’Italia e una Campania in particolare che manca poco per crollare a picco. Tra aziende che chiudono, altre in stato di crisi, dipendenti in cassa integrazione e quelli con contratti precari – sospesi senza preavviso – ci si affaccia a un 2025 drammatico sotto l’aspetto del lavoro che se c’è si perde.
A rischio ci sono circa seimila lavoratori, senza contare i tanti lavori a cottimo, non osservati e le partite iva volatili. Un tessuto sociale che s’impoverisce, si sfilaccia, redditi ormai quasi assenti, tutele presenti solo sulla carta, welfare inadeguato e l’angoscia e l’ansia sociale che prende il sopravvento originando un ampio ceto di depressi, deprivati e sotto ricatto. Lo spaccato è da brivido. Oltre alla crisi industriale c’è una crisi esistenziale e della persona in quanto tale. Le vertenze in Campania non si contano più.
A parte quelle visibili ci sono tante, invece, striscianti e nascoste. Formalmente dipendenti pagati con tanto di busta paga ineccepibile ma nei fatti stipendi decurtati e in molti casi fino al 70 per cento lo trattiene il datore di lavoro. Il tavolo del ministero delle Imprese e del Made in Italy – retto da Adolfo Urso – è sempre più affollato di imprenditori, sindacati e rappresentati degli Enti locali per tentare improbabili ricomposizioni di crisi e costruire labili orizzonti occupazionali. Da Stellantis a scendere la situazione è tragica.
Gli investimenti esteri, i grandi colossi che hanno investito al Sud con il contributo di generose elargizioni pubbliche dall’oggi al domani chiudono e delocalizzano e se gli è impedito sigillano i capannoni e scappano via a gambe levate. L’Italia non è più un Paese manifatturiero. La Cina ci ha soppiantato in tutto. Certo non sarà il made Italy ma anche il pezzotto può andare. Del resto non è più l’epoca della bellezza, dell’arte e dello stile. Il consumo è predatorio, l’accumulazione consumistica è parte dell’equilibrio esistenziale e nutrimento delle anime per cosi dire maledette.

Tornando alla Campania i sindacati più rappresentativi si appellano al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca affinché solleciti energicamente il Governo centrale alla nascita di una cabina per monitorare i settori in crisi partendo dall’automotive su scala territoriale e porre in essere provvedimenti per creare condizioni attrattive di investimento liberando risorse a cominciare dai fondi del PNRR. Auspici, appelli che non cambiano le cose. Se i dipendenti dell’ex Whirlpool di via Argine di Ponticelli hanno messo in campo il conflitto sociale e ottenuto l’investimento e la riconversione aziendale di un imprenditore avveduto e coraggioso non è cosi per altre realtà. Non ci si salva quasi più.
Ciò che spaventano sono i dati dei vari osservatori sul Meridione d’Italia altro che locomotiva del Paese. Aumenta la povertà vera, non relativa alla possibilità di permettersi beni voluttuari ma per capirci quella di procurarsi il piatto a tavola, le spese sanitarie anche il solo ticket. Gravano anche i costi dell’istruzione come l’acquisto dei libri di testo oppure le tasse d’iscrizione all’Università. Se il reddito di cittadinanza riusciva in parte a tamponare le emergenze e costruiva un clima fattivo per chi si trovava nella condizione di ricerca lavoro e non essere ricattabile adesso siamo alla giungla totale.
Non deve meravigliare nessuno se in una fabbrica abusiva di fuochi pirotecnici ci hanno rimesso la vita Samuel Tafciu, 18 anni, e le sorelle Aurora e Sara Esposito, 26 anni. Erano impiegati senza nessun contratto, senza assistenza, senza assicurazione per 25 euro al giorno e lavoravano oltre le dieci ore.
Non è un caso se il dossier regionale sulle povertà 2024 della Caritas Campania ha rivelato che sono oltre 15mila le famiglie assistite. In pratica la Campani al di là delle conteste politico-istituzionali potrebbe ben presto capitolare e con essa il Mezzogiorno d’Italia.