0 0
Reading Time: 2 minutes

LA COLLINA DEI CAMALDOLI si  sgretola,  cade a pezzi. Scarichi abusivi, strade che franano, impianti fognari non ancora ultimati o mai entrati in funzione: il rischio idrogeologico continua a correre lungo i versanti dell’area collinare di Napoli. Lavori per due distinti lotti (lotto Napoli e lotto Marano), ma da tempo fermi al palo. Quelli relativi al tratto fognario del versante partenopeo, iniziati nel 2006, sono stati sospesi lo scorso agosto a causa del mancato pagamento degli stati di avanzamento alla ditta esecutrice.

Lo stop sta avendo pesanti ripercussioni anche sulla limitrofa città di Marano, in particolare nelle aree immediatamente a ridosso della collina, in quanto l’impianto fognario (già completato) non può entrare in funzione poiché interdipendente con quello napoletano.

Nonostante gli appelli e le mobilitazioni degli ultimi anni, le operazioni per la messa in sicurezza della zona, ritenuta dagli esperti ad altissimo rischio idrogeologico, seconda soltanto a Sarno per ordine di importanza, sono ancora ad un punto morto.

I rischi per la popolazione, una cui parte è del tutto esclusa dalla fruizione del servizio fognario, sono elevatissimi. Ancora oggi infatti gran parte dei liquami confluiscono negli affluenti dell’alveo dei Camaldoli per poi riversarsi nei tratti fognari – in parte occlusi – dei comuni di Quarto e del quartiere Pianura. Le arterie maggiormente interessate sono quelle di contrada Romano, via Scaja, via Soffritto e quelle adiacenti al parco Oasi.

La vicenda parte da lontano, dagli inizi degli anni Duemila, quando l’allora sindaco di Napoli, Riccardo Marone, divenne commissario straordinario per il sottosuolo e dispose un finanziamento di svariati milioni di euro per la messa in sicurezza della collina.  Ne seguirono altri, per un ammontare complessivo di circa dieci milioni di euro, destinati invece al completamento del versante maranese. Lavori di cui avrebbe beneficiato anche e soprattutto i territori limitrofi: Quarto e Pianura.

Il primo intoppo risale al 2008, quando parte di quelle risorse furono stornate sulla nascente discarica di Chiaiano determinando un lungo periodo di stop. Poi, col passare degli anni, se ne sono aggiunti altri di carattere tecnico e burocratico. Allo stato restano ancora esclusi dalla fruizione dei servizi fognari i residenti dell’antica frazione di Torre Caracciolo, quelli di contrada Romano e migliaia di cittadini del versante partenopeo.

Zone ad alto rischio idrogeologico eppure interessate da un massiccio fenomeno di inurbamento abusivo. La vicenda è seguita con attenzione dagli attivisti del Comitato per la tutela dei diritti, che nei mesi scorsi hanno fatto più volte sentire la propria voce, e da alcuni rappresentanti dell’Ottava municipalità di Napoli, promotori di esposti e denunce alla prefettura e alla magistratura.

L’ultimo in ordine cronologico è del 4 aprile. “Attualmente – recita l’esposto inviato a numerosi soggetti istituzionali – le opere realizzate non possono essere utilizzate poiché non collegate tra loro. A tutela della pubblica e privata incolumità, chiediamo al prefetto Musolino, al sindaco di Napoli De Magistris e al commissario prefettizio di Marano, Gabriella Tramonti, di intervenire con tutti i poteri di cui dispongono affinché si addivenga alla ripresa dei lavori”.

Ferdinando Bocchetti

Metti un like alla nostra Fanpage

© Riproduzione riservata
www.ladomenicasettimanale.it

Happy
Happy
0 %
Sad
Sad
0 %
Excited
Excited
0 %
Sleepy
Sleepy
0 %
Angry
Angry
0 %
Surprise
Surprise
0 %

Average Rating

5 Star
0%
4 Star
0%
3 Star
0%
2 Star
0%
1 Star
0%

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Chiudi
Ascolta le notizie
Social profiles
Chiudi