Rafforzare i provvedimenti intermedi e intervenire non solo sul livello politico ma anche su quello amministrativo. Sono le proposte che il presidente dell’Anci Gaetano Manfredi ha portato in audizione in commissione parlamentare Antimafia per cercare di affrontare un tema, quello dell’infiltrazione mafiosa nelle amministrazioni locali, che al momento ha una sola via d’uscita: lo scioglimento dell’ente. Lo prevede la legge 143 del Testo unico degli Enti locali (Tuel) e ministri, oltre che deputati e la stessa Anci, sono più volte intervenuti per ridiscutere la norma. In questo quadro si inseriscono le proposte di Manfredi.
“Abbiamo fatto una serie di proposte da inserire nella riforma del Tuel che toccano essenzialmente tre punti – ha spiegato a margine dell’audizione il presidente dell’Anci – Una più chiara definizione di quelle che sono le tipologie di reato che determinano poi lo scioglimento del Comune; la presenza nel processo di una fase di contraddittorio formalizzata in maniera tale che il Comune si possa anche difendere presentando documenti alla commissione d’accesso; un rafforzamento dei provvedimenti intermedi, quindi la vigilanza rafforzata per non arrivare direttamente allo scioglimento, già prevista dalla legge ma definirla ancora meglio e rinforzarla. Infine, qualora venga deciso lo scioglimento, intervenire anche sulla struttura amministrativa perché spesso le collusioni e le infiltrazioni avvengono attraverso la struttura amministrativa che spesso resta indenne. Quindi la politica va a casa e la struttura politica resta inalterata e questo diventa un vulnus rispetto alla procedura”.
L’ultimo caso, il più eclatante, ha riguardato il comune di Bari dopo i 130 arresti di marzo del 2024 nell’ambito dell’inchiesta della Dda su presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina. Alla fine, dopo il lavoro della Commissione d’accesso nominata dal Viminale, il Comune non è stato sciolto. In quell’occasione anche il ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, era tornato sul tema sostenendo che la norma sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni per mafia va “assolutamente cambiata. Ci vorrebbero delle regole più chiare sul ‘quando’, il ‘come’, e il ‘se’, deve essere disposto lo scioglimento”.
Più recentemente, nello scorso novembre, Piantedosi aveva lanciato l’idea di creare una nuova figura, una sorta di tutor, che possa intervenire nelle situazioni meno gravi e complesse evitando quindi lo scioglimento del Comune, provvedimento “lacerante e doloroso”. “L’esperienza pratica ci ha insegnato” che è meglio mettere “nel sistema qualcosa in mezzo tra scioglimento e non scioglimento, come misure di affiancamento, una sorta di commissariamento”.
“Nessuno – ha sottolineato il titolare del Viminale – immagina di poter arretrare rispetto ai presidi di legalità. Ma è sempre lacerante e doloroso il fatto che ci siano misure molto forti che incidono sui principi democratici. Bisogna cercare una ulteriore forma di equilibrio tra mantenimento dell’esito dei circuiti democratici e il presidio di legalità”.