C’era un livello superiore retto da tre avvocati del nolano e poi una rete fitta di collegamenti. È stata sgominata con 45 arresti da parte della Squadra Mobile una filiera criminale dell’immigrazione clandestina e irregolare a Napoli. A parlare è il procuratore di Napoli Nicola Gratteri che insieme all’aggiunto Del Prete, al Questore Maurizio Agricola e dal capo della Mobile Giovanni Leuci ha spiegato l’esito della clamorosa inchiesta.
L’indagine condotta dalla polizia e coordinata dal pm Visone e dell’aggiunto Del Prete è cominciata grazie alle denunce di alcuni immigrati truffati – c’è un’ ipotesi di sfruttamento – durante i click day.
“A capo dell’organizzazione c’erano tre avvocati di tre Caf – spiega Gratteri – che chiedevano fino a 10mila euro per ogni immigrato, proveniente soprattutto dal Bangladesh. C’era un meccanismo di assunzioni fittizie, anche attraverso imprenditori ignari, con il furto dei dati dello spid. I proventi erano tali che uno degli avvocati aveva acquistato una fiammante Ferrari”.
I tre avvocati sono ora in carcere, e la Ferrari è tra i beni sequestrati, il cui valore ammonta nel complesso a circa due milioni di euro. “Mi hai dato 200mila euro… mi dovevi dare 600mila euro vogliono venire? Devono pagare altrimenti se ne devono andare, non faccio neanche una carta se non mi pagano”.
Da questa intercettazione emerge tutta l’avidità di chi gestiva il florido business dello sfruttamento illegale dell’immigrazione. Cosa gravissima tra i 45 arrestati ci sono anche dei poliziotti, uno è finito agli arresti domiciliari, in servizio nel commissariato Poggioreale di Napoli, che si occupava di inserire le richieste di ingresso dei cittadini extra Ue sul portale dello Sportello Unico per l’immigrazione (SUI) utilizzando identità digitali che gli venivano fornite. Proprio lui viene intercettato mentre ironizza sui reati che commetteva: “tutto a posto, 624, 625bis… furto e furto con destrezza”.

L’indagine parte dal monitoraggio di un altro poliziotto infedele, in servizio nel Vesuviano, ritenuto in affari con il clan Fabbrocino che pretendeva il pizzo sul nuovo affare. Il business messo in piedi e gestito da tre avvocati (tutti e tre in carcere), anche grazie all’apporto di una folta schiera di collaboratori, è risultato essere plurimilionario.
E quest’ultima circostanza emerge da un’intercettazione dove a parlare sono due dipendenti di un commissariato secondo i quali il poliziotto in questione (non quello arrestato) stava gestendo con un avvocato un’attività particolarmente lucrosa, da circa un milione di euro, che aveva spinto la camorra locale a tentare un’estorsione da circa 100mila euro.
Nell’organizzazione un ruolo importante lo ricoprivano gli ‘inseritori’ e ‘cliccatori’ pronti ad entrare in azione con computer performanti e collegamenti a internet ad alta velocità, nell’imminenza dei cosiddetti click-day, momento fondamentale dell’affare. I reati contestati a vario titolo, oltre allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina, sono anche estorsione aggravata dal metodo mafioso, falso ideologico e truffa.