E’ DAL MEDIOEVO che un Papa non si dimetteva dalla guida della chiesa di Roma. Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Aloisius Ratzinger sbatte la porta del Vaticano e si ritira in preghiera.
A parte lo stupore, il disorientamento, restano gli interrogativi della scelta inusuale fatta dal Santo Padre. “Pregate per me e per il mio successore”. E’ così iniziato il discorso di papa Benedetto XVI in piazza San Pietro. “Nella vita, nei momenti decisivi, siamo di fronte a un bivio: seguire l’io o Dio? L’interesse individuale o il vero Bene? La Chiesa chiama tutti i suoi membri a rinnovarsi nello spirito, a riorientarsi verso Dio e verso l’Amore rinnegando l’orgoglio e l’egoismo”.
Se all’inizio qualcuno temesse per le condizioni di salute di Papa Ratzinger che lo avessero indotto ad una scelta così estrema si è poi ricreduto. Papa Benedetto XVI ha gettato la spugna perché la sua azione di rinnovamento e pulizia morale all’interno delle sacre stanze ovattate del Vaticano è fallita.
Troppe resistenze, troppe correnti di potere, accordi, congiure e comitati di potere. Una constatazione di una sconfitta. Una rinuncia verso un potere che non si rinnova. Tanti hanno rivolto al Pontefice, la propria vicinanza, solidarietà, incoraggiamento. Ma nessuno delle sacre gerarchie dopo che si è cosparso il capo di cenere ha ammesso le proprie responsabilità facendo un passo indietro. Anzi i cardinali sono impegnati ad occupare le sedie del conclave per eleggere un Papa che ne tuteli e ne accresca il loro immenso potere. Questa chiesa è brutta e lercia.
Da Napoli il cardinale Crescenzio Sepe non farà mancare il qualificato contributo. L’Arcivescovo ad Oltretevere conta e molto. Anzi la fumata bianca potrebbe anche riportare sua Eccellenza nei palazzi che contano. Insomma finirebbe per Sepe l’esilio imposto da Ratzinger al suo insediamento.
E sorprende non poco l’alzata di scudi di Gennaro Matino, parroco della chiesa di via Tasso e per poco tempo inserito nello staff di Largo Donnaregina che di fronte alla visita dell’ ex premier Mario Monti – in piena campagna elettorale – nella “Casa di Tonia”, la struttura ricettiva e di accoglienza delle ragazze madre della Chiesa di Napoli ha sbottato su Twitter: “Che amarezza vedere una Chiesa che si fa interprete dei poteri forti e si schiera (pur dicendo di non farlo) con chi li rappresenta!” una stilettata del monsignor che non è passata inosservato.
Matino hai poi confermato ciò che aveva messo on line dichiarando: “Ho scritto in maniera chiara – dice – che la Chiesa non deve mostrare un volto accondiscendente con i poteri forti ma scendere in campo per tutelare i deboli. I poteri forti in questo momento sono rappresentati da alcuni”, E aggiunge: “A me pare importante che un uomo di Chiesa mandi un messaggio alla Chiesa, non a singoli. Anche Angelo Bagnasco, per esempio, ha fatto due passi avanti in una direzione e poi un passo indietro.
Ciò che voglio dire, anche da uomo di comunicazione, è che possono essere equivocati” . Messaggi non molto criptati. Parole che rilette in filigrana sembrano dirette al porporato partenopeo Che dalle parti di Largo Donnaregina non tiri un vento favorevole all’Arcivescovo ormai è chiaro e sotto gli occhi di tutti. Lo si giudica un cardinale lontano dalla chiesa, un arcivescovo molto impegnato ad apparire che ha il comizio facile ma poco addentro ai veri bisogni dei parroci. I poveri sembrano essere scomparsi, i bisognosi sono sullo sfondo, il volontariato è privo di aiuti come del resto il welfare ecclesiastico e poi c’è l’ombra degli scandali. Giudizi sussurrati nella speranza che a Napoli ci sia un cambio di guardia.
Claudio Ricciardi
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Il Papa Rosso
CHE L’ARCIVESCOVO natio di Carinaro, piccolo comune poco distante da Aversa e Casal di Principe (Caserta- Italia) sia una potenza paragonabile ad una holding è un fatto risaputo dai tempi della sua ascesa nei palazzi ovattati del Vaticano.
E’ lui che organizzò per conto di Papa Giovanni Paolo II, il grande Giubileo del 2000. Un evento mondiale. Figurarsi che ad Oltretevere – pare – ci siano ancora deposi zeppi di magliette, gadget, cappellini, bandierine, cellulari, pubblicazioni, torce, bottigliette d’acqua con stampato il logo delle Porte sacre.
Il cardinale Sepe è una macchina da guerra: marketing martellante, comunicazione capillare, collaboratori di prim’ordine, contatti con partner internazionali. Decisionismo e trasversalità questi i punti di forza che lo faranno approdare -senza avversari- alla poltronissima della potentissima Prefettura della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e Propaganda Fide, il vero centro dei poteri. Esiliato da Papa Benedetto XVI – il 20 maggio 2006 – il Papa Rosso incassa con non pochi mal di pancia la destinazione Napoli.
Le grane giudiziarie
IL CARDINALE CRESCENZIO Sepe è indagato in alcuni procedimenti giudiziari: compravendita d’immobili e un finanziamento pubblico per una pinacoteca. Il suo nome è saltato fuori anche nell’affare Eco4 dei fratelli Orsi per l’assunzione di due suoi nipoti nel consorzio dei rifiuti casertano collegato con uomini della camorra e dell’Anas per l’assunzione di un altro suo nipote.
Un “piacere” quest’ultimo elargito dall’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi. Riconoscente il cardinale Sepe gli avrebbe svenduto un immobile del Vaticano molto al di sotto del prezzo di mercato e l’ ex ministro ha contro-ricambiato con un “allegro” finanziamento per la costruzione e l’allestimento di una pinacoteca fantasma in piazza di Spagna.
Il nome dell’Arcivescovo viene tirato in ba,lo anche perchè da potente capo di Propaganda Fide ha venduto un appartamento all’ex deputato Nicola Cosentino.