Sono quasi le ore 19 del 22 maggio 2014. Sto viaggiando sulla tangenziale di ritorno da Napoli ed imbocco lo svincolo di Giugliano, la strada che percorro abitualmente per tornare a casa. Appena svolto sulla sinistra mi salta agli occhi una colonna di fumo nera e alta.
Capisco subito che sono stati incendiati dei rifiuti vista la densità e il puzzo maleodorante. Svolto al primo cavalcavia per fare inversione di marcia ed accertarmi da vicino.
Appena arrivato sul posto mi trovo dinanzi ad uno scenario già tristemente conosciuto, per chi vive in queste zone e batte – nel senso giornalistico – le strade ogni giorno.
La prima cosa che mi viene spontaneo da fare, senza nemmeno otturarmi il naso visto che ormai sono abituato a quest’aria infetta e malata, è estrarre il cellulare e cominciare a scattare foto.
È il mio lavoro: documentare i fatti. Poi di corsa a casa prendere il Pc e scrivere. Decido di avvisare immediatamente i Vigli del Fuoco. Li contatto attraverso il 115. Dopo un po’ di attesa al telefono – il centralino è occupato – mi rispondono e segnalo l’incendio.
La zona del rogo è un’area prevalentemente agricola, senza numeri civici o punti di riferimento, ed inizio a trovare difficoltà a indicare le coordinate del posto. L’operatore al telefono mi chiede nome, cognome e numero di cellulare per contattarmi nel caso in cui ci fossero problemi per l’individuazione della zona dell’incendio e mi chiede se sono disponibile a intrattenermi. Gli rispondo di si. Prendo un caffè in un vicino bar giusto per attendere l’arrivo delle tute arancioni.
Sono le 19.30, lì vedo arrivare in lontananza, mi precipito per ringraziali. Non appena arrivò lì, un carabiniere scende da una gazzella, il militare dell’Arma comincia a guardarmi con sospetto e mi sottopone a delle domane.
«Cosa ci fai tu qui? L’incendio l’avevamo già segnalato noi, non tu». Si ferma e ordina : «Favorisca i documenti». Ci mancherebbe. Prendo la patente ed i miei documenti dell’auto, glieli consegno e nel frattempo decido di scattare altre foto dell’azione dei vigili del fuoco durante lo spegnimento del rogo. Ma il carabiniere non è d’accordo. Mi intima di risalire in auto e restare fermo all’interno dell’abitacolo. Cerco di spiegare che si tratta del mio lavoro, devo documentare. Non ci sono ragioni.
Con i miei documenti tra le mani inizia una fitta discussione con il collega. Trascorre qualche minuto, si avvicina alla mia auto e rivolto a me, chiede: «Lei ha precedenti penali?». Io gli rispondo di no e cerco di rispiegare la situazione, il contesto, i fatti ma il militare mi stoppa e risoluto dice: «Allora stia attento e vada via».
Sembra una vicenda kafkiana, paradossale. Senza parole. La riflessione è amara: chi segnala un reato, cerca di espletare al proprio dovere di cittadino e di assolvere al proprio mestiere è trattato con diffidenza e scambiato per un criminale.
Continuerò a denunciare da buon cittadino le cose che non vanno che mi vedono testimone e documentarle come giornalista. Nell’uno e nell’altro caso faccio solo il mio dovere.
Gaetano Pragliola
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Giustamente queste situazioni kafkiane fanno prolificare l’omertà nelle nostre zone.