L’Italia non sarà al prossimo Mondiale? Allora “tutti a Formentera”. Forse una battuta, forse no. Di certo c’è che lo 0-0 di Milano contro la Svezia, nella sfida di ritorno dei playoff per le qualificazioni a Russia 2018, ha estromesso gli azzurri da un Mondiale per la prima volta dopo 59 anni.
“Un fallimento sociale”, sono state le parole di Gigi Buffon al fischio finale, che ha anche annunciato l’addio alla Nazionale. La mancata qualificazione ” è un problema sportivo, economico e sociale- conferma Aldo Grauso, psicologo dello Sport e coordinatore del Master in Psicologia dello Sport presso l’universita’ Niccolò
Con questa eliminazione “si perde tanto. Dall’anno scorso c’è stata diminuzione di iscrizioni di bambini nelle scuole calcio in tutta Italia. Ormai i nostri bambini credono meno nel calcio, ormai stanno prendendo piede altri sport, o presunti tali, come la Playstation”.
Ormai nel calcio “non c’è il concetto dell’errore. Se la testa non funziona, ovvero i grandi, non vanno i piedi, e cioe’ i bambini. Cosi’ non c’e’ il simbolo vincente e positivo di cui i ragazzi e i bambini ne hanno bisogno”.
Un Mondiale senza Italia significa che “la metà dei giovani non lo seguirà in tv. Lo faranno magari addetti ai lavori o persone piu’ grandi, ricordando magari il passato recente e conservando la passione”.
Quello che il professor Grauso si augura è che “dopo questa bastonata ci si rialzi subito. E noi lo facciamo sempre. Mi auguro che venga data una ristrutturazione nei settori giovanili, che sia data ai ragazzi l’opportunità che si danno a quelli in arrivo da altri paesi, niente di più e niente di meno”. E poi, cosa più importante, “pensare al lavoro mentale in ogni squadra, ed è arrivato il momento di introdurre uno psicologo in tutti gli organigrammi ‘sanitari’ dei club”.