Cultura. Dopo le tenebre di Bonisoli torna la rivoluzione di Franceschini

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Tira un sospiro di sollievo il mondo della cultura. Scaramanticamente nessuno, in questi giorni di passione, ha commentato la ridda di voci e indiscrezioni – rivelatesi vere – del clamoroso ritorno al ministero dei Beni Culturali e del Turismo di Dario Franceschini.

Gli Unni in 14 mesi guidati dallo scellerato ex ministro, il manager bocconiano, Alberto Bonisoli hanno seminato ingenti danni. Ora tocca a Franceschini riannodare i fili e ricucire la tela spezzata da Bonisoli e company.

L’ex numero uno del dicastero forse insieme a Danilo Toninelli si contende il primato – si fa per dire – del peggior ministro del Governo M5S-Lega. La riforma o meglio contro riforma avviata da Bonisoli ha avuto il demerito di paralizzare l’intero comparto.

La centralizzazione imposta da Bonisoli con l’accentramento di funzioni, programmazione e organizzazione nelle mani di un solo responsabile – si pensi alla politica dei prestiti – è pura follia.

E pensare che è stato proprio Franceschini con lungimiranza nel corso del suo mandato sotto i governi Renzi e Gentiloni a dare una svolta internazionale alla cultura italiana rendendo autonomi musei, parchi e gallerie d’arte e scegliendo direttori non italiani.

Tutti adesso si aspettano che Franceschini, che sarà anche il capodelegazione dei dem, rimetta mano a tutto il comparto e ricostruisca quella epocale riforma dei musei che il suo successore, l’ex ministro Bonisoli, ha in parte smantellato.

Franceschini è un politico di razza. Comincia con la Dc e diventa consigliere comunale a Ferrara. Poi tra il 1997 ed il 1999 diventa vicesegretario nazionale del Partito Popolare Italiano.

Entra nel secondo Governo D’Alema come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle riforme istituzionali, riconfermato poi dal successivo governo Amato.

Nel 2001 viene eletto deputato con l’Ulivo. Nel 2006 viene rieletto a Montecitorio e diventa presidente del gruppo parlamentare dell’Ulivo alla Camera.

Nel 2007 diventa vicesegretario del Partito Democratico sotto la segreteria di Walter Veltroni. Eletto nuovamente deputato nel 2008, rappresenta fino al 2012 il Parlamento italiano al Consiglio d’Europa. Nel 2009, corre alle primarie del Pd, ma viene superato da Pier Luigi Bersani che diventa il nuovo segretario.

Pier Paolo Milanese

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