Avviso ai lettori. Quei due signori che ieri avete visto in tv oppure nei tanti filmati che girano sul web non rappresentano la categoria dei giornalisti. Meglio chiarire. Purtroppo la nostra professione non è in salute e da anni attraversa un periodo di sofferenza dove emerge il peggio del peggio della varia umanità.
Mario Giordano conduttore di ‘Fuori dal Coro’ in onda sulla ‘nuova’ Retequattro e Vittorio Feltri, direttore editoriale del Quotidiano Libero – come due vecchi compari – sempre e solo al servizio del padrone di turno – nella loro disperazione squagliata cavalcano un sentimento antimeridionalista molto marginale e tentano di portare la pagnotta a casa con il minimo sforzo.
In attesa di un intervento dell’editore ovvero di chi edita la trasmissione ‘Fuori dal Coro’ e degli organismi della professione – non si tratta di censura ma di ripristinare almeno il buon gusto – prende le distanze Gianluigi Nuzzi, bravo giornalista d’inchiesta che proprio su Retequattro conduce la seguitissima ‘Quarto Grado’.
Alle offense reiterate di Feltri : “I meridionali sono inferiori” e castronerie varie risponde a muso duro in un post pubblicato sul suo profilo Facebook.
“I MERIDIONALI inferiori? Ciao Vittorio ti saluta Raffaele, ha 89 anni, nato a Napoli, vive a Milano, ha studiato alla Bocconi e poi ha fatto il consulente aziendale assumendo giovani laureati, anche bergamaschi, dando loro una prima possibilità” – scrive Nuzzi – .
“Lui ha sempre pensato che i bergamaschi non fossero superiori o inferiori ma semplicemente cercava la qualità nelle persone” – continua -.
“Il tuo discorso sui meridionali inferiori offende non tanto il sud – che ne ha vissute e viste ben peggiori – quanto il tuo passato. Quando mi assumesti non hai guardato le mie origini e nelle redazioni che hai composto c’erano un sacco di gente del sud con tanta voglia di trovare notizie e fare informazioni” – evidenzia -.
“Ah ovviamente Raffaele è mio papà ed è italiano” – conclude Gianlugi Nuzzo.
Feltri solo apparentemente recita la parte del bollito, in effetti da tempo ha smesso di fare il giornalista arguto e brillante.
Tristemente si adagia e cavalca un razzismo geografico fuori dal tempo: nauseabondo, sciatto e noioso.
Una parabola appunto triste di un uomo ancora più triste (lo ha dichiarato lui stesso anche ieri sera) che – in attesa del ritorno di Maurizio Crozza- prova a imitarlo autointerpretandosi. Lo spettacolo è avvilente.
Arnaldo Capezzuto