Cold Case. Con la bandiera dell’Italia urtò il fratello di un camorrista, scattano due arresti

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Non era legato ad ambienti criminali ma venne ucciso con modalità mafiose Michele Coscia, assassinato a Napoli solo per avere involontariamente colpito il fratello di due camorristi mentre stava sventolando la sua bandiera per festeggiare la vittoria della nazionale di calcio ai Mondiali del 2006.

Di quell’omicidio, avvenuto il 9 luglio di 13 anni fa davanti a un bar di Corso Chiaiano, in presenza di moltissimi testimoni, a causa dei quali rimasti anche feriti, sono ora accusati i fratelli Luigi e Nicola Torino, 45 e 43 anni, il secondo già detenuto, entrambi figli del capo dell’ omonimo gruppo camorristico legato al clan Lo Russo. 

A entrambi i carabinieri della compagnia Vomero hanno notificato gli arresti emessi dal gip di Napoli su richiesta della Dda.  Luigi, in particolare, secondo le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che ha permesso di fare piena luce su questo cold case, gestiva una piazza di spaccio a Piscinola che rendeva particolarmente bene. 

Il pentito fu testimone oculare di quell’efferato omicidio compiuto senza il permesso dei Lo Russo: agli inquirenti ha riferito tutti i particolari. Disse che il ragazzino venne colpito con l’asta della bandiera mentre era seduto su uno scooter, davanti a un bar di corso Chiaiano. L’adolescente reagì insultando Coscia il quale replicò colpendo con una manata il parabrezza del motorino, mandandolo in frantumi. 

Fu proprio il pentito, che aveva riconosciuto il ragazzino, ad offrirsi di risarcire il danno con cento euro ma questi rifiutò i soldi e se ne andò. Dopo un breve passaggio a casa per verificare come stava la moglie incinta, il collaboratore di giustizia tornò al bar teatro dello screzio davanti al quale poco dopo giunse un gruppo di persone in sella a tre scooter. 

C’era anche il ragazzino e lo vide indicare ai i suoi amici colui che l’aveva colpito accidentalmente prima di rompere il parabrezza dello scooter: uno di questi, poi identificato in Luigi Torino, tirò fuori una pistola e fece fuoco a sparare, più volte, all’indirizzo di Coscia, che rimase gravemente ferito. I colpi raggiunsero anche altre due persone, un uomo e una ragazza, che se la cavarono.

Agli investigatori il pentito ha anche riferito di essere stato minacciato: gli fu detto che sarebbe stato ucciso se avesse fatto i nomi degli assassini. Una promessa arrivata attraverso un emissario di Luigi Torino. A questi il ​​clan Lo Russo chiede spiegazioni e l’uomo si giustificò col boss dicendo che voleva solo dare una lezione a Coscia, sparandogli alle gambe, ma di finirà poi ucciso perché questo tentò di strappargli la pistola (cosa non vera) e anche perché temeva che potesse vendicare la morte del fratello. 

La vittima, infatti, non aveva direttamente a che fare con la malattia della zona, ma era anche il fratello di Alberto Coscia, ucciso il 19 maggio 2004, in un agguato nel quale rimasero ferite anche altre due persone. Tutti e tre erano ritenuti legati al gruppo camorristico Stabile che, all’epoca dei fatti, era in guerra contro il clan Lo Russo a cui invece era ritenuta vicina la famiglia malavitosa dei Torino. 

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