C’E’ UNA MACCHIA nera nella periferia Nord di Napoli, un cancro che si fa spazio tra le strade di questa città e di fronte al quale l’arrendevolezza e la rassegnazione di molti sono diventate l’unica cura; siamo a Scampia, il quartiere “maledetto”, simbolo di una metropoli degradata, costruito su case popolari fatiscenti, supermarket della droga; uno scenario di guerra intriso di paura, la paura della gente blindata dietro ai portoni, costretta a chiudersi in casa per lasciare via libera alla camorra ed ai suoi traffici. Scampia non è una baraccopoli o una favela, è una piccola città ai piedi di un vulcano che invece della lava sembra riversare su di essa una maledizione che dura da quarant’anni, in cui respirare aria pulita sembra un sogno svanito senza troppa fatica.
Ma in queste strade, tra questa gente, in questo buio, c’è ancora chi prova a far luce, a tenere acceso un lume di speranza: Giovanni Maddaloni, padre di Pino, oro a Sydney nel 2000 e oggi tecnico della Nazionale.
Il suo centro sportivo “Maddaloni Star Judo Club” è diventato un punto di riferimento per le famiglie di Scampia, un luogo sensibile dove lo sport diventa l’antidoto alla criminalità e al degrado sociale. Uno spazio, quello della palestra, in cui poter respirare aria pulita, in cui imparare regole sportive che sono regole per la vita. Comprendere i valori usando il linguaggio dei ragazzi e la pratica fisica: la fatica.
“Scampia, Italia” è il nome dell’iniziativa lodevole che ha messo su Rai news 24. Una diretta dal quartiere lunga un giorno e andata in onda lo scorso 10 ottobre. Si sono alternate diverse personalità: del mondo della cultura, del cinema e del teatro in concomitanza con giornalisti, magistrati e politici.
Una splendida pagina di servizio pubblico e informazione che ha dato spazio e visibilità alla Scampia delle persone oneste e perbene che, altrimenti, sarebbe stata coperta dalla solita coltre di silenzio-assenso alla camorra; una voce che ha mostrato la determinazione di quei ragazzi costretti a veder svanire i loro sogni dietro agli stereotipi che da sempre accompagnano questo quartiere e toccano anche quelli che, come loro, cercano, tra le mura del loro centro sportivo, l’opportunità per vivere in un luogo in cui la vita non per forza deve profumare di paura ma di speranza.
Filomena Indaco
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