CALANO I CONSUMI, chiudono i negozi, ma le strutture per la media e grande distribuzione non conoscono crisi. A nord di Napoli, ma anche nei quartieri collinari del capoluogo partenopeo, Vomero e Arenella, è infatti un fiorire di centri commerciali, supermercati e alimentari: strutture che spesso sorgono in zone impervie, mal collegate, a ridosso dei centri storici, ma soprattutto di dimensioni “anomale”, cioè più grandi rispetto ai canoni imposti dalle normative comunali e regionali. Uno strano fenomeno su cui indagano forze di polizia e magistratura, che già da anni seguono con interesse il filone relativo al settore agro-alimentare.
Un settore che, come volume di affari, secondo il rapporto Ecomafie di Legambiente, ha di gran lunga superato quelli tradizionali dell’edilizia e del traffico di stupefacenti. Dietro il boomDietro il boom dei supermercati, in molti casi dichiarati come strutture di vicinato (meno di 250 metri quadri complessivi), si nascondono procedure amministrative al limite della regolarità.
Il meccanismo per bypassare ordinanze e regolamenti è semplice quanto ingegnoso. Gli imprenditori, molti dei quali in odor di camorra, fanno leva principalmente su due tipi di espedienti. Primo espediente: dichiarano, anche grazie alla complicità di tecnici e funzionari comunali, superfici di vendita inferiori a quelle stabilite dalle normative, scorporandole in pratica da quelle utilizzate per depositi e magazzini, ma con spazi che vengono ugualmente occupati da banchi vendita, frigoriferi e scaffali.
Secondo espediente: acquisto e successivo accorpamento di più licenze, ma sempre finalizzate all’utilizzo di un unico esercizio commerciale.
Escamotage e “furbate”. In pratica un assemblaggio di autorizzazioni (area vendita e area deposito) per aggirare lo scoglio dei fatidici mille metri quadri, soglia oltre la quale scatterebbe il parametro della grande distribuzione e che richiederebbe l’applicazione di procedure amministrative molto più complesse ossia il benestare della Regione o la preventiva attuazione di uno strumento di intervento per l’apparato distributivo (Siad).
In questi ultimi anni tuttavia, Siad o non Siad, si è assistito ugualmente al fiorire di negozi che, soltanto sulla carta, risultano essere di piccole dimensioni.
Alcuni imprenditori infatti hanno sfruttato le vecchie normative, quelle antecedenti al 2000, altri invece si sono serviti di veri e propri escamotage, “furbate” di carattere burocratico, facendo leva sulla complicità degli amministratori locali. In questo modo molte attività commerciali sono sorte – in barba a tutti i criteri urbanistici e di buon senso – in zone della città e dell’hinterland di Napoli ad elevato rischio idrogeologico (collina dei Camaldoli e area flegrea in primis) e sprovviste di vie di fuga e infrastrutture previste dalla legge.
Ferdinando Bocchetti