CHI E’ NAPOLETANO davvero, sente il bisogno di aprire la propria mente a quelle intuizioni che consentono la crescita di questa città dolente.
Un video e una riflessione su chi ha fatto ciò per un’intera carriera. L’incontro è stato fatto. L’aula è stata dedicata, finalmente, ad Amato Lamberti. Specifico finalmente, perché andava fatto già qualche mese fa. Fortunatamente qualche docente di sociologia d’animo buono c’è ancora. Se avessimo dovuto aspettare l’illustre preside e la direttrice del dipartimento di scienze sociali forse staremmo ancora con la stessa amarezza in bocca di quando al funerale non trovammo un decano rappresentate della Facoltà di Sociologia.
Nemmeno uno. Amato Lamberti non le sopportava queste polemiche, mi avrebbe zittito con il suo silenzio, com’era solito fare quando dicevo qualcosa di poco utile, così come avrebbe detto “ci andiamo a prendere il caffè?” troncando quasi scocciato la mia polemica sul fatto che preside ed ex preside assenti all’incontro di giovedì per “febbre”, in realtà il giorno dopo camminavano miracolosamente guariti nel cortile della Facoltà.
Il malpensante sono io, probabilmente avevano altri impegni inderogabili e quindi non sono venuti. Qui la questione è una sola: la Sociologia, non a caso scritta con la “s” maiuscola, deve, assolutamente, dare merito a un uomo che ha unito la teoria sociologica con l’attivismo sociale. Questo è il vero impegno inderogabile. A onorare questo impegno però, non devono essere solo i suoi ragazzi. Troppo facile.
A farlo devono essere i rappresentanti della materia. Ad ogni modo l’incontro c’è stato. Ed è stato un incontro più intimo di quello vissuto nella Sala della Provincia, in cui con tanto di petto in fuori e pancia in dentro, promisero che avrebbero dedicato quella sala a Lamberti.
Programma che aimè non mi risulta attuato. Il lettore deve fare attenzione, qui non si parla esclusivamente della sociologia, in quanto materia accademica, qui si parla dell’attività di un sociologo nel nostro territorio.
Amato Lamberti è stato colui che ha evidenziato determinate caratteristiche della Campania, rilevandole con il metodo scientifico, creando valutazioni necessarie affinché la politica e l’opinione pubblica potessero tenere conto che c’erano da modificare taluni assetti sociali e che quegli assetti andavano bonificati dalla corruzione.
Lamberti esponeva inoltre, quali potevano essere le risorse da mettere in campo per far crescere questa regione. Ho sempre il timore di apparire ipocrita nella descrizione di Amato Lamberti. Sarà perché a riguardo ne ho sentite un bel po’ d’ipocrisie, sarà perché temo di apparire superbo, fatto sta che l’unico intento è quello di trasmettere a chi non ha avuto modo di conoscere le sue intuizioni, quanto è stato e quanto ancora può essere utile, usufruire delle analisi di Amato Lamberti per cambiare Napoli e l’intera regione.
Il suo obiettivo è sempre stato quello di risvegliare quella dignità che da troppi anni la Campania reclama, mentre viene sfruttata la vita umana con la coercizione camorristica, mentre è sottovalutata la possibilità di inserimento lavorativo attraverso la green economy e mentre viene oppressa la cultura della civilizzazione attraverso la sottocultura del vittimismo e dell’atteggiamento passivo e deviante.
All’inizio dell’incontro, il video preparato da me e dal sociologo Carmine Principe voleva raggiungere l’obiettivo di mostrare istantanee dei suoi contributi lucidi e diretti, senza giri di parole. A quanto pare ci siamo riusciti. Spezzoni di Amato Lamberti, spezzoni dei suoi argomenti racchiusi in un unico video, proprio per proporre allo spettatore varie discussioni che il Professore declamava con determinazione e con la convinzione di chi è un uomo libero e sente il dovere di riferire a chi non è informato quanto ancora c’è da fare per definirsi cittadini civili.
Lo faceva difendendo la povera gente, smitizzando i camorristi e aggredendo i corrotti. Un tono laico e dirompente, nascosto da un sorriso mite e da uno sguardo che attirava l’attenzione, semplicemente perché era lo sguardo di un uomo buono.
“Negli ultimi anni di isolamento dalla scena pubblica, Lamberti intuì che per modificare la cultura della devianza, per combatterla, bisognava rivolgersi ai giovani. Unici detentori della possibilità di non ricreare in futuro quello stato di contaminazione politica e culturale. Forse i suoi ultimi anni di silenzio pubblico, sono stati quelli in cui Lamberti decise di impegnarsi di più per cambiare i modi di pensare degli studenti. Mi piacerebbe ricordare anche il lato umano: le sue battute, le sue valutazioni destabilizzanti e la sua capacità di passare da Professore ad amico senza mai far decadere, nemmeno per un secondo, il suo carisma che ispirava a noi immenso rispetto. Lamberti era il geniale osservatore così come era colui che faceva stare a proprio agio nel suo ufficio i suoi ragazzi, attraverso una sigaretta condivisa, un caffè, una battuta comica, eccetera”.
Continuare il lavoro di Amato Lamberti Ho voluto cominciare così il mio personale ricordo del Professore durante l’incontro, per poi proseguire: “Qualche giorno fa, nel cortile della Facoltà, durante l’organizzazione del video, una studentessa di Sociologia disse ‘ma perchè perdete tutto questo tempo con Amato Lamberti?’.
Chi ha conosciuto Amato Lamberti sa indubbiamente che forse Lamberti le avrebbe dato ragione. Un incontro come questo, infatti, deve servire non tanto quanto commemorazione ma come proseguimento di un’idea. Il problema è che Lamberti, uomo discreto e laborioso, non avrebbe voluto tante chiacchiere, ma avrebbe preferito che qualcuno continuasse ad impegnarsi con volontà a fare indagini sociologiche e lotta alle illegalità.
Dovrà, infatti, essere questa la futura promessa di tutti noi qui presenti. Tra le tante lotte di Lamberti però, c’era proprio quella contro il disimpegno e la non curanza dell’atteggiamento pieno di vittimismo tipico dei napoletani, più propensi a lamentarsi che a riflettere su come cambiare la propria condizione. Quella ‘frase ‘ma perché perdete tutto questo tempo con Amato Lamberti?’ mi ha fatto riflettere sull’assoluta necessità di continuare il suo lavoro.
Non è per nulla tempo perso oggi ricordare l’operato di Lamberti, e il fatto che lo dica una futura sociologa, ma soprattutto una giovane ragazza, è appunto simbolico e significativo per comprendere quanto ancora ci sia da combattere affinché venga debellata la disattenzione su ciò che sono le risorse del nostro territorio, inoltre ci spinge a riflettere su quello che potrebbe essere il contributo della Sociologia nella nostra regione.
Lamberti era una risorsa che non deve finire con la sua morte. E’ una risorsa che non può terminare, una risorsa che per nostra fortuna ha seminato tante intuizioni utili a modellare le mentalità proponendo a chi ci sta intorno la crescita, la denuncia, la ricerca dell’ordine civico e del rispetto nei confronti di chi è vittima.
Dove per vittima non intendiamo quella napoletanità che dice ‘Che pensiamo a fare a Lamberti, pensiamo ad altro’ volendo così rimandare o offuscare i disagi e gli atteggiamenti corrotti della nostra cultura. Piuttosto, vittima qui s’intende come colui a cui viene negato il diritto di vivere serenamente in una città straordinaria come Napoli, in cui al di là delle facili retoriche, ci sono tanti ragazzi pieni di volontà e di voglia di crescere. Così come ci sono risorse dimenticate e che Lamberti provava a proporre con umiltà e tenacia.
Analizzare il territorio, studiarne la cultura e idealizzare provvedimenti contro le devianze, sono fasi di riflessione intellettuale che prevedono solitamente un dispendio di energie enorme, volto a riempirsi di bibliografiche risorse, di citazioni altisonanti, di paroloni da grande professorone. Per molti docenti questo contributo alla società termina alla teoria. Amato Lamberti ha lasciato in eredità a tutti coloro che hanno avuto la brillante intuizione di ascoltarlo, la capacità di non imbottirsi soltanto di teoria, piuttosto di assimilare le informazioni rilasciate dalle teorie per poi immediatamente metterle in pratica attraverso azioni utili.
Amato Lamberti, nel suo immenso lavoro, è stato capace di trasmettere un messaggio semplicissimo ma fondamentale: non serve a niente riempirsi di chiacchiere. Ciò che serve è creare produzioni, riflettere sulle reali necessità della gente comune, mettere a disposizione risorse tangibili affinché la politica, la cultura, l’economia, possano creare servizi in difesa di chi ne ha bisogno. ha fatto tutto questo con l’umiltà dei veri pensatori.
Amato Lamberti non è stato una star commerciale della camorra, non ha prodotto spot accattivanti né romanzato drammi, ha analizzato con cura scientifica e rigorosa i fenomeni di contaminazione del crimine organizzato, smascherando gli imbrogli, denunciandoli con il metodo sociologico e creando federazioni di interessati pronti a replicare questa operazione.
Così facendo, tra i tanti risultati prodotti, ha proposto a tantissimi ragazzi un mutamento mentale, ha dimostrato quanto la sobrietà della bontà d’animo possa tranquillamente conciliarsi con la battaglia infiammata contro le mafie e contro ogni forma di illegalità.
Il Professore ha semplicemente detto, in tutti questi anni, che per combattere un disagio sociale, bisogna prima di tutto capirne la radice, scoprirne le contaminazioni politiche, raccogliere i dati di tutti gli aspetti del problema, e infine, dopo aver analizzato tutto il materiale acquisito, ha spiegato ai ragazzi, con il suo carisma e la sua passione, il senso dell’ordine civico e del rispetto della collettività.
Così facendo chi ha saputo ascoltare è cresciuto con i suoi concetti, che vanno al di là di qualsiasi analisi di fenomenologie sociali, è cresciuto tentando di imitarlo, osservando la sua buona volontà e la sua caparbietà , elementi che ognuno dovrebbe interiorizzare e mettere in pratica in qualsiasi esperienza vissuta”.
Ecco il video presentato giovedì, all’inizio dell’incontro per la dedica di un’aula di Sociologia ad Amato Lamberti. Al termine del video i ringraziamenti dei suoi ragazzi, quelli che gli facevano scattare, immediatamente, il sorriso umile del coraggio.
Amedeo Zeni
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