ALDO MASULLO, è professore emerito di filosofia morale all’Università di Napoli – lo scorso 12 aprile ha compiuto 90 anni – racchiude dentro sé molte sfaccettature.
Si definisce “giovane” perché ha lo sguardo proteso a guardare l’avvenire. Racconta: “Penso che Napoli sia una grande città.
Non è una mia riflessione filosofica è un dato oggettivo. La grandezza di una città si misura oltre dalle sue bellezze anche attraverso la sua storia, tradizione, usi, costumi e orizzonti. A Napoli negli ultimi 30/40 anni è mancato del tutto un chiaro percorso di dove si vuole andare”.
“Ho scelto in modo convinto di restare a Napoli, anche se è chiaro che se avessi scelto tipo una città come Milano, vivere mi avrebbe offerto sicuramente maggiori possibilità in senso culturale. Nel corso della mia vita – ho appena 90 anni – alla fine so di aver scelto bene. Napoli è una città che mi è entrata nel cuore. Io sono nato ad Avellino ed ho vissuto e studiato in giro per il mondo. Nonostante il mio carattere sia distante dagli usi e costumi della città, il contrasto che è nato con Napoli mi ha fatto crescere”.
E confessa sull’attuale situazione di crisi della città: “Come napoletano ne sono addolorato. Occorre che chi governa la città sviluppi e accentui una rapporto diretto con i suoi cittadini. E’ essenziale, fondamentale. Poi a Napoli bisogna prestare attenzione alla vita quotidiana, quella di tutti i giorni. Garantire servizi efficienti, aggiustare le strade, l’arredo urbano, curare il verde pubblico, migliorare i parchi e i luoghi di socializzazione, sostenere le attività scolastiche. I napoletani vogliono vedere gesti vicini, immediati, sentirsi rincuorati con le attenzioni di chi amministra e dà il buon esempio. Resto ottimista: la testa quando sbatte o si rompe o si aggiusta. Dato che siamo arrivati a un punto delicato penso che qualcosa abbiamo imparato. Napoli non è immobile, mi sembra in generale più una città che non sa ancora quale dev’essere il suo destino”.
E riflette: “Napoli è luogo di grande eccellenza e di esempi positivi che poi sono la norma. Il problema – a mio avviso – è metterci insieme, unirci. Costruire un’idea di un percorso comune in cui siamo tutti protesi verso un destino collettivo. Dobbiamo svegliarci insieme e pensare da protagonisti alla nostra città”.
“A volte mi fa rabbia dover morire senza aver capito davvero ciò che sono. Mi sento giovane – non perché ballo – ma perché dentro ho ancora voglia non di cambiare il mondo – attenzione – ma di rovesciarlo e rimetterlo in piedi. Giovane è chi ha lo sguardo proteso a guardare l’avvenire. A 90 anni preferisco intravedere il futuro piuttosto che guardare inutilmente il passato. Sono in pace con la mia vita, in questo l’amore, la passione per la filosofia mi aiutato molto. Ho sempre riconosciuto i miei sbagli ma questo non ha mai significato dolermi anzi non li ho mai condannati”.
Arnaldo Capezzuto