Il caso Russiagate sembra dare ossigeno al Movimento 5 Stelle. Inaspettatamente le quotazioni dei Pentastellati nel borsino del mercato della politica sembrano in netta ripresa.
Si è arrestata temporaneamente la galoppata travolgente di Matteo Salvini in sella alla Lega.
Lo scandalo del presunto finanziamento sull’asse Cremlino-Carroccio ha fatto vedere la filigrana di un partito nato ai tempi della Prima Repubblica e che con abilità ha saputo essere sulla cresta dell’onda e parte integrante del ventennio del berlusconismo spinto.
Se c’è da trattare, se c’è da fare qualche affare, favorire qualche amico buono, costruire meccanismi con emendamenti e leggi ad personam, ecco il partito leghista non si tira certo indietro.
La politica è l’arte del compromesso interessato e la Lega su questa abilità ha molto appreso negli anni al governo con Silvio Berlusconi .
Nessuno scandalo, nulla di nuovo. Del resto la vicenda paradossale dei 49 milioni di euro di finanziamento pubblico scomparsi dalle casse del Carroccio la dice lunga con l’accordo da restituire la somma allo Stato in comode rate nel’arco di 80 anni, insomma, a babbo morto.
In questo spazio, i Pentastellati vogliono rientrare in partita, recuperare il terreno perduto.
Vogliono marcare le differenze con l’alleato ‘contralizzato’. Sanno che bisogna ricompattarsi e dare segnali inequivocabili al proprio elettorato disorientato, sbandato e deluso.
Luigi Di Maio è stato incudine ora ha capito che è il momento di demolire Salvini, isolare la Lega, depotenziare la spinta popolare del Carroccio e asciugare l’esasperato populismo-sovranista.
In quest’ottica bisogna leggere le esternazioni mirate e studiate del leader dei grillini che è ritornato sulla inusuale riunione organizzata da Salvini al Viminale con le sigle sindacali.
“Chi vuole incontrare i sindacati lo può fare, quello che però mi dà noia in questo momento – attacca – è che lo si faccia per sviare da una questione molto più grande che è quella di un vice primo ministro che secondo me deve andare a riferire in parlamento sulla questione russa”.
“Sono sicuro che ci andrà e così ci darà anche modo come maggioranza di difenderlo. Quando il Parlamento chiama è giusto che un ministro, un premier un vicepremier, un sottosegretario risponda”- conclude Di Maio -.
E ieri a tarda serata, il colpo di scena: in conferenza dei capigruppo di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, fa sapere di non avere avuto alcuna risposta dal ministro Matteo Salvini alla richiesta del Pd di un’informativa in aula.
Per questo, il Pd decide di “sospendere le attività parlamentari” e di occupare la commissione Affari costituzionali a Montecitorio, impegnata nell’esame del decreto sicurezza bis, come rende noto il capogruppo dem Graziano Delrio.
Il presidente della Camera Roberto Fico ha preso carta e penna e scritto una lettera al governo, in cui reitera la richiesta a Salvini di presentarsi in aula.
P.P.M.