È appena iniziato l’incontro a Palazzo Chigi tra il premier incaricato Giuseppe Conte e i capigruppo di M5S e Pd per discutere del programma di governo.
Si tratta di dare qualche limatura e aggiustamento ai punti del programma.
Il nascente Governo giallorosso non sarà una riedizione del precedente esecutivo anzi deve rappresentare e segnare una netta discontinuità.

Nessun contratto per equilibrare il peso dell’alleanza ma la costruzione di un programma condiviso. Resta però da sciogliere il nodo del vicepremier.
La soluzione – ipotizzata dallo stesso Conte – potrebbe essere quella di riconfermare lo schema con due vice del precedente esecutivo, nominando Luigi Di Maio per il M5S e Dario Franceschini per il Pd.
Il capo politico del M5S non molla l’osso e si è imposto a tal punto da minacciare di far saltare il tavolo. Il timore di Di Maio è quello, una volta varato l’inedito governo M5S-Pd, di restare intrappolato, imprigionato dai parlamentari democratici oggettivamente più esperti, strategici e lungimiranti di quelli grillini.

Il leader Pentastellato vive la sindrome della padella, insomma, dopo aversi scansato la brace leghista di finire per essere cucinato a fuoco lento dai cuochi piddini.
Ricoprire il ruolo di vicepremier, consente a Di Maio di avere voce in capitolo e conservarsi l’ultima parola.
Una copertura istituzionale fondamentale per ragioni interne – nel M5S soffia un vento di rivolta – ma anche rispetto alla crescita e al nuovo e inaspettato peso politico di Conte, giudicato troppo sulle posizioni del Partito democratico.

Luigi Di Maio teme agguati politici, si guarda le spalle e non si fida più di nessuno. Se la Lega ha progressivamente, in 14 mesi di governo, svuotato e ridotto il consenso Pentastellato, il Partito democratico con la complicità di Conte e il silenzio assenso di Beppe Grillo potrebbe presentare una Opa sul M5S.
Tra l’altro storicamente a sinistra hanno sempre tentato di incorporare, assorbire, far scomparire tutto ciò che non era emanazione del Pds, Ds, Pd.
Di Maio ha capito, compreso che la partita va ben al di là del governo e che dietro i ‘buoni’ e ‘disinteressati’ sentimenti di responsabilità istituzionale Nicola Zingaretti, Matteo Renzi e compagni di merenda tramano altro.
Arnaldo Capezzuto
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