Superate le forche caudine di Rousseau sul tappeto resta la collocazione di Luigi Di Maio all’interno del nuovo governo.
Se prima nell’esecutivo Pentaleghista, Di Maio si era ritagliato un ruolo di primo piano, anzi centrale, come vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico ora non sarà più così. Le quotazioni nel borsino politico del capo dei 5 Stelle sono in calo.
Le difficoltà sono evidenti. Il fallimento della precedente alleanza con la Lega con il venir meno di Matteo Salvini non potranno per molto fungere da scudo protettivo per Di Maio.
Nella sostanza il giudizio politico sull’operato dello ‘statista di Pomigliano d’Arco’ non è dei più entusiasmanti. Ne ha piene le scatole di Di Maio perfino il fondatore e garante Beppe Grillo che – si è detto apertamente “incazzato con lui” e sulla lista dei 20 punti presentati ha sbottato “sono raddoppiati come alla Standa” -.
Insomma , un periodo difficile acuito anche e soprattutto dallo splendere della stella di Giuseppe Conte ormai vero punto di riferimento del Movimento 5 Stelle.
Se i Pentastellati recuperano nei sondaggi questo è merito solo di Conte che ha un notevole effetto traino. La gestione di Di Maio dei 5 Stelle è stata tragica.
In 14 mesi al governo non solo ha dimezzato il tesoretto dei consensi dei 5 Stelle ma ha contribuito ad alimentare e far crescere ed esplodere i conflitti interni tra le varie correnti e imponendo decisioni dall’alto.
Messo alle strette Di Maio ieri ha rinunciato al ruolo di vicepremier e sbloccato la trattativa con il Pd attribuendo ad altri le tensioni.
Nonostante Di Maio abbia girato la pizza restano gli strascichi delle polemiche e delle tensioni di questi giorni. Il giovane leader comunque ne esce pesantemente ridimensionato, il suo ruolo – in ragione della discontinuità – non potrà più essere centrale nel nuovo governo targato M5S-Pd.
Di Maio chiede a gran voce il ministero degli interni. Ma difficilmente riuscirà ad ottenerlo. È convincimento di tutti che al Viminale dopo la sbornia salviniana debba sedere un uomo delle istituzioni, un tecnico con provate competenze e conoscenze.
Allora la seconda scelta potrebbe essere il ministero degli Esteri ma anche qui si pensa a una soluzione di garanzia. La Farnesina è fondamentale per riportare il Paese al centro delle relazioni internazionali.
Luigi Di Maio vive in un limbo. Rischia di essere espulso dai posti che contano e restare fuori dalla catena di decisioni. Ha perso forza contrattuale, non è più quello di prima. Le sue azioni crollano di giorno in giorno. Beppe Grillo non lo molla, lo assedia e lo marca ad uomo. Nella sostanza è come se l’avesse commissariato.
Il capo politico è destinato ad avviarsi su un crinale sottile. Continua in queste ore a rivendicare per sé un ministero di peso, ma una volta incardinato l’esecutivo anche con il voto di Rousseau sa che diventerà sempre più difficile.
Dall’altra parte sa bene che il dominus è Conte che ormai splende di luce propria e in grado di portare da solo la responsabilità del nuovo esecutivo con la benedizione del presidente Sergio Mattarella a Beppe Grillo.
Pier Paolo Milanese