Comincia oggi al Tribunale di Napoli, il processo che vede imputati un sacerdote e un carabiniere.
Il militare dell’Arma e il religioso – secondo l’accusa – costruirono un falso dossier su festini gay organizzati nella chiesa retta dal parroco Mario D’Orlando.

Una bufera, uno scandalo che portò all’allontanamento del prete con un decreto di sospensione e sollevarono un gran polverone.
Accuse, umiliazioni e la graticola infamante di un uomo di chiesa conosciuto e apprezzato da tutti. Una persona seria, integerrima e dalla parte dei fedeli con il Vangelo tra le mani.

Giorni, settimane, mesi difficili in cui Mario D’Orlando con la forza della verità e contro la menzogna ha combattuto con tutte le sue forze portando la sua croce in silenzio e trascinandola con l’aiuto della preghiera.
Al termine di indagini delicatissime si è scoperto che il sacerdote era vittima di un dossieraggio. Agli atti ci sono accuse ben precise, per ipotesi di reato che vanno dall’intrusione abusiva nel sistema informatico del Ministero dell’interno, vale a dire gli Archivi di polizia Sdi, alla rivelazione di segreto d’ufficio, e la calunnia.

Per la Procura autori della macchinazione sono un carabiniere e un sacerdote che avrebbero costruito un falso dossier raccontando di festini a luci rosse per screditare don Mario d’Orlando, parroco a Pizzofalcone, e Giovanni Varriale, della diocesi di Pozzuoli. I fatti sono accaduti due anni fa.
I magistrati indagarono sui presunti festini per capire se ci fosse dietro un giro di prostituzione fatto tra l’altro contenuto nel falso dossier d’accusa. Nessun riscontro. La storia non reggeva. Tutto Palesemente falso, infamante e denigratorio. Una follia cieca.

Le indagini si conclusero con l’archiviazione del caso. E proprio dal fatto inesistente si svilupparono accertamente dei magistrati per capire chi e perchè avesse confezionato quelle notizie false.
Don Mario D’Orlando difeso dall’avvocato Raffaele Chiummariello e Giovanni Varriale rappresentato dall’avvocato Roberto Rapalo si sono costituiti parte civile. Sul banco degli imputati ci sono don Alessandro Grimaldi, della diocesi di Benevento, e Ciro Muti, carabiniere e diacono.
La posizione di Don Mario D’Orlando soltanto lo scorso 27 agosto è stata archiviata dalla chiesa di Napoli. Con un decreto extragiudiziale, infatti, il cardinale Crescenzio Sepe ha riformato un precedente decreto del 23 dicembre 2017 che sospendeva e sollevava il sarcedote dalle sue funzioni.
Adesso la comunità parrocchiale a gran voce chiede il ritorno di Don Mario D’Orlando a Pizzofalcone tra la sua gente che fin dall’inizio ha sempre e solo creduto alla sua onestà.
Un vecchio e saggio adagio napoletano dice : “Voce di popolo, voce di Dio” in questo caso è stata davvero voce di Dio.
E Don Mario D’Orlando che nel suo lungo travaglio è stato in silenzio ed ha perfino dovuto difendersi dall’assalto di trasmissioni scandalistiche ha scritto pochi giorni fa sul suo profilo social: “Il Papa ha parlato di complotti all’interno della chiesa per colpire gratuitamente persone per gelosie, invidia, pura cattiveria. Credo farò al Santo Padre un dettagliato racconto di quanto hanno ordito contro di me ma Dio è grande”.
Arnaldo Capezzuto
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