Il premier Giuseppe Conte partecipa ai funerali dei tre vigili del fuoco nella cattedrale di Alessandria. È in auto e dovrebbe tornare a Palazzo Chigi a Roma. Strada facendo, l’idea.
La berlina presidenziale e la scorta puntano sullo stabilimento dell’Ilva di Taranto. Il presidente del Consiglio ha saputo che è in corso una assemblea degli operai.
Non perde tempo e quando si diffinde la voce per la presenza massiccia delle forze dell’ordine tutti restano disorientati. Non si era mai vista prima una cosa del genere: un prmier che presenzia e partecipa a una infuocata riunione delle maestranze che segue lo sciopero nazionale. Si siede su di una banchetto e ascolta in silenzio. Non è l’interlocutore, gli operai, i quadri, i dirigenti, riflettono, ragionano, ipotizzano scenari.
Conte è paziente raccoglie lo stato d’animo, i problemi, la dimensione e le possibili conseguenze della slavina staccatasi dalla montagna. Solo dopo oltre un’ora interviene e non prova a rassicurare e neppure a dire cose inutili parla di verità e traccia più che da premier da giurista lo stato dei fatti.
Il suo obiettivo è riportare il gruppo franco-indiano ArcelorMittal al tavolo della trattativa in un incontro che potrebbe tenersi già a partire da domani. Contemporaneamente occorre agire le vie legali si pensa all’zione attraverso l’artoclo 700.
Gli accordi, i contratti hanno un valore non solo giuridico. In un piano industriale di riorganizzazione di una industria pesante oltre ai migliaia id posti di lavoro c’è in ballo il sistema Italia. L’acciaio dell’ex Ilva serve alla nostra industria manifatturiera si pensi ad esempio alla Fincantieri.
Un premier che a differenza dei leader suoi alleati vedi Luigi Di Maio non fa proclami, non minaccia, non sollecita la piazza sa bene che il piano è complesso e le soluzioni nessuno le ha in tasca.
Questo è l’approccio di un uomo di Stato. In tempi d’irresponsabilità, Conte ha dimostrato di che stoffa è fatto. Forse da perfetto sconosciuto ora mostra uno spessore e una grande dote di mediazione e serietà.
Il nodo che preoccupa è la pretesa della multinazionale franco-indiana che ha posto sul piatto 5 mila esuberi e un taglio della produzione di quasi il cinquanta per cento rispetto agli obiettivi indicati solo pochi mesi.
Malgrado le richieste siano dure, la trattativa per il governo è una strada obbligata e ieri l’ha indicata apertamente il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia.
Prima di avviare una trattativa, Conte vuole però conoscere le reali intenzioni dell’azienda perché “se i problemi sono solo un pretesto per chiudere” allora sarà battaglia e occorre un serio piano B. E se inizialmente si pensava a una nazionalizzazione, la strada è di difficile percorrenza per le norme Ue.
Giulia Rosati