È il countdown della ArcelorMittal che ha annuciato : entro il 15 gennaio lo spegnimento degli altiforni dell’ex Ilva di Taranto. Questo l’intento annunciato dalla multinazionale.
A questo punto proprio non si capisce come il colosso dell’acciaio abbia preso questa decisione, in pratica non si comprende la legittimità.
Nell’ipotesi in cui il contratto di cessione decade, grossomodo senza essere un esperto, la ArcelorMittal dovrebbe riconsegnare l’industria di Taranto ai commissari nelle stesse condizioni in cui l’ha ricevuta ovvero a forni accesi e funzionanti.
La giravolta della multinazionale assomiglia a un cavallo di Troia: entro nel sistema industriale italiano, mi faccio carico a chiacchiere di un grande piano di rilancio dell’industria pesante poi pianto tutti e scappo via incendiando in questo caso spegnendo i pozzi. Il Governo italiano e in generale la politica nazionale sembra disarmata.
Oggi i vertici del colosso industriale mondiale sbarcheranno a Palazzo Chigi per un incontro con il Governo e sindacati. Nel frattempo si delinea il disastro più totale. Navi merci ferme nei porti, attività dell’ex Ilva praticamente al lumicino, forni al 30 per cento del funzionamento, stipendi non erogati, le maestranze in sub appalto e l’indotto già senza lavoro e in sit in da giorni davanti al Mise.
È una crisi nera anzi nerissima che coinvolge in totale 50 mila lavoratori con conseguenze drammatiche sul sistema produttivo italiano con ripercussioni sugli assetti industriali europei.
L‘Italia non produrrà più acciaio e quindi cederà nuove quote di mercato per la produzione di acciaio cinese con tutte le conseguenze anti economiche e di qualità che ne derivano.
Arnaldo Capezzuto