Se ne è andato in punta di piedi. Come diceva lui “non voglio comparire”, “resto dietro le quinte”.
Carmine Spadafora, 64 anni, giornalista di razza, grande nerista e maestro di cronaca è scomparso e lascia un vuoto che disorienta. Nessun coccodrillo altrimenti da dove ora si trova potrebbe mandare a fanculo.
La lunga gavetta al Giornale di Napoli, al Roma ed Il Giornale. Poi per un paio di anni ha diretto il quotidiano ‘La Verità’ fondato Domenico Di Meglio e Giorgio Gradogna.
E proprio in quella ultima bottega di un certo modo di fare giornalismo che come me 20 anni fa tanti giovani aspiranti cronisti hanno avuto modo di conoscerlo sul campo e ricevere le sue attenzioni : cazziatoni, cazzotti, parolacce, punizioni corporali e ordini da eseguire tassativamente che rasentavano il martirio.
Come quando alla vigilia della messa in commercio del Viagra mi inviò alle ore 23 al rione Forcella a cercare nei vicoli la disponibilità di qualche commerciante a venderne a nero una confezione.
È chiaro che nessuno nel rione conoscesse quel nuovo prodotto ed a cosa servisse. Ma qualcuno rimase la porta socchiusa: “Passa domani mattina vedo quello che posso fare”.
E Carmine su quella promessa ci montò uno scoop ripreso da tutte le agenzie e giornali nazionali. Ricordo l’autobomba prima a vico Trone e poi ai Cristallini, correva l’anno 1998. Mentre al rione Sanità seguivo la vicenda mi ordinò di fiondarmi nelle scuole del rione. Non capivo cosa volesse.
Insistevo: “Direttore c’è la guerra e noi dobbiamo nasconderci a scuola. Stai scherzando?”. E lui oltre a dire che ero un inetto, che sarebbe stata l’ultima volta che avrei messo piede in redazione, non volle sapere ragioni e mi attaccò il telefono in faccia. Aveva ragione lui.
Un bambino nel tema spiegò nei minimi particolari cosa fosse accaduto in via Cristillani : “Volevano uccidere zio Giulio (il riferimento era al boss Pirozzi) per prendersi il quartiere”. Senza parole, aveva ragione Carmine Spadafora. Conosceva la psicologia della cronaca nera, i protagonisti, la natura umana, gli attori e i loro riflessi condizionati.
Buttammo giù due pagine affiancate con i temi dei bambini scontornati. Un piccolo quotidiano senza mezzi dava buchi pazzeschi a giornali blasonati. Con Spadafora ‘La Verità’ diventò un caso editoriale. Un giornale come diceva lui “cazzuto”.
Un maestro incazzato ma con gli occhi blu che dicevano altro mentre redarguiva rinfacciandoti che il tuo scooter faceva schifo perchè eri giunto tardi sul posto dell’omicidio e ti eri perso il momento dell’arrivo dei parenti della vittima.
Sono pochi minuti essenziali e fondamentali, il dolore abbassa le difese, perdi l’autocontrollo e parli, insomma, racconti cose che non dovresti dire e un cronista di nera sa poi cosa fare.
Il giornalismo dice addio ad un maestro della cronaca nera e al modo rigoroso di trattare e verificare le notizie.
Grande commozione in Questura tra gli ex dirigenti perchè Spadafora ha frequentato a lungo la sala stampa degi uffici di via Medina a Napoli.
Era diventato un punto di riferimento per diverse generazioni di giovani giornalisti, seguendo con scrupolo le vicende importanti di Napoli e della Campania.
Da anni era componente del collegio dei probiviri dell’emeroteca-biblioteca “Tucci” di Napoli.
Arnaldo Capezzuto